Con una bella e
affollata cerimonia il 23 marzo, nella sala conferenze dell’Ordine dei
Giornalisti, in Strada Palazzo di Città, a Bari, è stata consegnata a Franco
Chieco una targa di riconoscimento alla carriera, in occasione dei suoi 90
anni. L’evento è stato voluto e messo a punto dalla Fondazione “Paolo Grassi”
di Martina Franca e dal Festival della Valle d’Itria, di cui Chieco, critico
musicale notissimo e apprezzato non soltanto nella città di San Nicola, ma
anche nel resto dello Stivale e oltre, ha scritto sempre, puntualmente e con
passione, contribuendo alla sua crescita, al suo prestigio e alla sua
diffusione nel mondo. Martina, generosa e di lunga memoria, lo ha ringraziato.
Non ho il piacere
di conoscere personalmente questo eminente protagonista della cultura e del
giornalismo pugliese, ma ne ho spesso sentito parlare dall’indimenticabile
pittore Filippo Alto (ha dipinto la Puglia
con un’alchimia cromatica festosa), che per un tragico incidente stradale in
cui, nel ’92, rimase vittima nei pressi di Ancona, non potè allestire una
serata in onore del critico concittadino nell’ampio cortile della propria casa
di Figazzano, collocata nella splendida campagna tra Martina e Locorotondo,
dopo Sisto, come aveva fatto per il milanese Raffaele De Grada, critico e
storico dell’arte. Me ne parlò il poeta, scrittore, giornalista, sceneggiatore
radiofonico, commediografo Vito Maurogiovanni, che una mattina, ospite di
Filippo, esaudendo un mio desiderio, mi fece dono di una copia dattiloscritta di
un suo saggio su Tommaso Fiore, vincitore nel ’52 del Premio Viareggio con “Un
popolo di formiche”. E me ne parlarono Mario Azzella, giornalista e
documentarista della Rai; e Antonio Rossano, autore di tanti brillanti servizi
sul Festival per la stessa antenna e di “Miracolo a Martina” e “O cambiamo
protettore o rubiamo San Nicola”, dove se la prendeva con il Vescovo di Myra,
accusandolo di non fare niente per la città che lo aveva come patrono (“Bari è
adespota, senza padrini…”), pur avendo ispirato la figura di Santa Claus.
Franco Chieco, al
quale ho telefonato il giorno prima della manifestazione, è nato a Bari nel
’26, e svolge l’attività di giornalista da settant’anni. Durante il suo lavoro
ha tra l’altro allevato molti giovani aspiranti, che possono ritenersi
fortunati, visto che al giorno d’oggi nessun veterano ha voglia di imitare Chieco, firma nobile e già
redattore capo centrale, severo e scrupoloso, de “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
e critico musicale autorevole dal ‘59. Ha anche ricoperto incarichi prestigiosi:
presidente dell’Associazione della Stampa di Puglia e Lucania; esponente consultato
e ascoltato della Federazione nazionale della Stampa; dell’Ordine dei
giornalisti; dell’Inpgi (il nostro ente di previdenza), della Casagit (preposta
all’assistenza sanitaria)… Ha dato vita, nel ’95, al mensile di cultura,
costume, spettacolo “Contrappunti”; è stato tra i fondatori e poi segretario dell’Associazione
nazionale critici musicali; e presidente della giuria del Premio “Franco Abbiati”
– sorto nel grembo dello stesso sodalizio - assegnato per sette volte alla
rassegna martinese, premiando innanzitutto le scelte del direttore artistico
Alberto Triola. Inoltre, alla bibliomediateca della Fondazione “Paolo Grassi”
di Martina Franca ha donato oltre mille volumi di opera e musica classica di
grande interesse.
Intenso il suo
impegno anche nel sindacato. Mi dicono che, discutendo con i colleghi della
difesa dei diritti della categoria, a volte addirittura si emozionava,
soprattutto quando evocava le notti trascorse nelle trattative per un contratto
dal parto difficile o nel tentativo di curare il malessere di una testata. E
oggi, che ha vinto la tappa dei 90 anni, e si mostra deciso a lasciare il campo
in cui è stato infaticabile e appassionato, continua ad essere interessato a quanto
avviene nell’agòne dell’informazione, rincuorando così gli estimatori, che lo
vorrebbero sempre sulla plancia.
Franco Chieco,
persona dotata tra l’altro di una garbata, divertita ironia, è anche
l’enciclopedia ambulante del giornalismo barese; e un punto di riferimento non
soltanto per i vivai della professione, che è cambiata e diventata più difficile
da praticare. E’ amato e stimato. Il 20 febbraio del 2007 fu acclamato da un
numeroso pubblico nella sede della Pinacoteca Provinciale di Bari, dove la locale
Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli
e teatri allestì un incontro con lui, intitolandolo “Percorso di una carriera
al servizio della musica: Franco Chieco”. Il 15 dicembre dell’anno scorso,
nella cattedrale di Bari, il circolo “Vito Mastrogiovanni” gli ha assegnato il
Premio “Testimone di verità”. Sono soltanto alcuni dei tributi da lui ricevuti.
Insomma, Franco
Chieco, socialista e credente convinto, è una colonna, un pilastro. Molto
considerato anche dai mostri sacri della musica. Commentando la cerimonia
svoltasi a Bari il 23 marzo, Amerigo De Peppo ha riferito un episodio che la
dice lunga. Trovandosi in ascensore nell’Hotel Vesuvio di Napoli con Riccardo
Muti (tra l’altro direttore principale dell’orchestra del Teatro alla Scala di
Milano dal 1986 al 2005), cercò di avviare una conversazione, ma il maestro appariva stanco e schivo. De Peppo riuscì
nell’intento usando come chiave il nome di Franco Chieco; “e Muti mi chiese notizie
del critico, mandandogli i saluti”.
Chieco ha anche pubblicato
importanti volumi: “Contrappunti-diario musicale pugliese ” nel ‘71, editrice
Adriatica; “Di quella pira”, nell’84, Laterza; “Il fu teatro Petruzzelli”, nel
2002, Adriatica.
E’ stato Franco
Punzi, entusiasta, dinamico presidente del Festival della Valle d’Itria, relatore
alla cerimonia del 23 marzo a Bari, a farmi sapere, nel corso di una delle
nostre telefonate, del riconoscimento a Franco Chieco, chiedendomi di scrivere
un pezzo. Data l’altezza del personaggio, l’ho scritto subito e volentieri.
Intanto critici,
melomani, cantanti, orchestrali, studiosi, giornalisti attendono come ogni anno
la presentazione del programma dell’edizione 2017 del Festival al Piccolo
Teatro di via Rovello a Milano, prevista secondo Punzi per la prima metà di
maggio. Farà gli onori di casa Sergio Escobar, direttore del teatro, ammiratore
di Martina, della sua rassegna musicale e di quelli che fanno di tutto per non
tradire le aspettative, facendo lievitare i successi, la fama e i simpatizzanti.
Il Valle d’Itria, sbocciato
nel 1975 e giunto felicemente alla 43.ma edizione, si aprirà il 14 luglio con
l’”Orlando furioso” di Vivaldi e si concluderà il 4 agosto con “Margherita
d’Anjou” di Meyerbeer. Un cartellone ancora una volta molto nutrito, con opere
mai rappresentate nel nostro tempo, che il direttore artistico Alberto Triola e
il direttore musicale Fabio Luisi hanno voluto dedicare alla memoria del
maestro Rodolfo Celletti, che tutti gli anni viene ricordato a Milano da Franco
Punzi, quando accenna alle novità, sempre interessanti, di questo Festiva, che
è anche trampolino di lancio e scuola per giovani di talento; annuncia le
presenze prenotate da ogni parte del mondo; e invita a venire in Valle d’Itria,
che Giuseppe Giacovazzo definì terra benedetta.
Arrivederci dunque nella
città del belcanto, del sole, dei trulli dai simboli misteriosi, delle viti
inginocchiate, care al poeta tarantino Raffaele Carrieri; dell’ulivo, del fico,
albero per i Greci sacro a Dioniso; e delle case bianco latte; dei balconi
spanciati che facevano camminare il regista, scenografo e costumista Pierluigi
Pizzi con il naso all’insù.
Franco Chieco vorrà
sicuramente cambiare idea e continuare a contemplare il paesaggio irripetibile,
incantevole, luminoso di Martina, senza trascurare il suo lavoro di critico prezioso
e intransigente. Ce lo auguriamo tutti.
Franco
Presicci