Quando ero un
ragazzino ed ero così basso che il tabaccaio di fronte a casa mi sentiva
ordinare il sale per la nonna ma non mi vedeva, alcuni giorni prima di Natale
facevano la loro comparsa gli zampognari con l’abito da pastori abruzzesi e
suonavano la cornamusa. La gente si affacciava alle finestre e al termine di un
paio di suonate lanciava i soldini. Li davano volentieri, anche se i tempi
erano magri e la carne si mangiava una volta la settimana. A Milano me li ero
quasi dimenticati e ne ho rivisti qualche anno fa nel cortile del grande
acquafortista Gigi Pedroli, sull’alzaia Naviglio Grande; e ancora al mercato
del giovedì, a Niguarda, in una giornata molto fredda che però non scoraggiava
le file davanti al banco del pesce e a quelli della frutta.
Gli zampognari erano personaggi attesi anche
perché incrementavano l’aria natalizia. Ne ho ritrovati tanti nel laboratorio
storico di Manola Artuso e Gianluca Seregni, legati nella vita e nell’arte, in
viale Certosa 91, arteria così chiamata perché l’arcivescovo Giovanni Visconti
vi sistemò alcuni certosini in cerca di una dimora e assegnò loro dei terreni
per costruirvi una cappella. I suonatori non sono da soli, ma in compagnia di taglialegna,
fornai, fabbri, calzolai, donne con la brocca, con il cesto, pecorai, re Magi e
naturalmente pecorai assediati dal gregge. Tutte le figure che abitano il
presepe, che in anni più recenti ha cominciato ad ospitare anche il
pescivendolo e il pizzaiolo, tipici del presepe napoletano. Sono manufatti
prestigiosi, come le Madonne, i Bambinelli e altri santi che poi vengono
spediti all’estero: in Argentina, Spagna, Medio Oriente…
Sono rimasto
estasiato di fronte a questa folla esposta sugli scaffali di questa bottega
storica e alle architetture sacre che con amore e pazienza i due artisti
elaborano per clienti comuni e collezionisti. Si ha difficoltà a muoversi in
questo ambiente che merita il nome di regno del presepe tra statue ad altezza
naturale e tutto questo popolo che i bambini vedranno con gioia scendere da una
montagna o seduto in una grotta bene illuminata tra conigli, galline, asinelli,
pomodori, granturco, cipolle appesi nelle scenografie messe in piedi dai papà
con abilità o improvvisazione. Comunque il presepe è arte, sogno, luce, un
messaggio di pace, di serenità ad un mondo che si lacera nelle guerre; a uomini
che hanno perso i valori di un tempo. E serenità si avverte ammirando le opere
di Manola, laureata in pittura a Brera, e di Gianluca, tra l’altro delicato,
sensibile pittore naif, laurea in restauro e in conservazione dei Beni
Culturali.
Se si ha la fortuna
di trovarli un po’ più liberi del solito si può avviare una conversazione ed emergono
perle sulla storia del presepe, che grande o piccolo che sia, geniale o
modesto, ricco o povero, in gesso, in sughero, in cartapesta, in terracotta,
non vi possono mancare la stella cometa, che guida i re Magi alla grotta, il
bue e l’asino, che erano assenti ini tempi molto lontani e oggi onnipresenti,
simboleggiando il primo l’umiltà e il secondo la costanza (quando ritiene di aver lavorato abbastanza
non c’è verso di farlo muovere, consapevole dei suoi diritti, che difende senza
l’intervento dei sindacati). Ascoltiamo e guardiamo le varie composizioni
artistiche, gli impianti scenici creati da Manola e Gianluca e le loro statuine
in gesso di alabastro e acqua oltre a elementi segreti che si rifanno ai
modelli originali del ‘700.
Si parte dal ‘300,
quando sembra che in Toscana fossero già stati allestiti presepi a tutto tondo
con figure anche ad altezza naturale e si finisce al presepe lombardo e al
museo del presepe di Brembo di Dalmine, che accoglie centinaia, forse mille
presepi provenienti da ogni parte del mondo. Si parla delle statuette di Matera,
del presepe in cera colorata del Museo di Messina, delle statuine della bottega
Bongiovanni-Vaccaro di Torino…
Il presepe diventò
popolare nel ‘400. Da allora se ne fanno anche un legno, materiale preferito
dagli Alemanno, probabilmente lombardi, e nel 1480 da Bongiovanni Lupi da Lodi,
custodito a Rivolta d’Adda, in territorio di Cremona. A Napoli emersero atti
che testimoniano presepi di corte già in epoca quattrocentesca. E presepi abbondavano
sul Sacro Monte di Varallo… La Puglia è ricca di artisti che sagomano la
cartapesta o l’argilla, come il leccese Carlo Zimari (ricordiamo il suo albero
della cuccagna), e il carro a due ruote di Filandro De Giovanni, leccese anche
lui, Gianluca, persona squisita come Manola, oltre che appassionato è un vero
conoscitore di botteghe e artigiani famosi e dei materiali che trattavano. A
Bergamo erano specializzati nella lavorazione del gesso e una volta le loro
opere erano richieste prevalentemente da chiesi e conventi. A Milano in via San
Pietro all’Orto c’era il presepe meccanico, aperto fino a Pasqua, vicino
all’”omn de preja “, l’uomo di pietra, una statua su cui venivano lasciati
foglietti di protesta.
Presepi ovunque, dunque,
nelle case, nelle chiese, nelle piazze, magari sotto l’albero di Natale. Con il
nonno a raccontarne la storia di questi panorami intrecciandola con la
fantasia. Prendiamo in mano un Bambinello dall’incarnato roseo, di grandezza
naturale, e Manola ci dice che è destinato a un collezionista, mentre si
prepara a “a dar vita” a un San Giuseppe alto un metro e mezzo, l’espressione
pensosa e le mani giunte in preghiera. E’
faticoso farla posare con Gianluca per una foto, nonostante sia lei che lui
siano di una gentilezza e di un’ospitalità commovente.
Ancora qualche dettaglio non da poco. Come
detto, sono anche restauratori eccezionali, noti per aver restituito la
bellezza a centinaia di pezzi dal’enorme valore storico, compresi i 40 pezzi in
legno ad Albonese. Una signora impacchetta un presepe suggestivo e rispondendo
a una domanda dell’acquirente mormora: “Presepe vuol dire recinto chiuso, mangiatoia”.
Ma il giaciglio di Gesù Bambino è collocata tra sentieri, discese, montagne,
cortili, ponti, stazzi…, tra personaggi in adorazione. E’ comunque una
composizione straordinaria, con elementi essenziali come l’acqua, che con la
fontana, il laghetto, il ruscello, la cascata… la purificazione, e il fuoco,
con il camino, la fornace del fabbro, la luce che pulsa dietro la cometa e
nelle caverne la salvezza. I presepi sono ambienti da favola, in cui vorresti
entrare, magari nelle vesti del vecchietto con la lanterna o del contadino
attorniato da tanti animali da cortile per sentirti protetto nella casa che
sogni.
Franco Presicci