domenica 9 aprile 2017

“CASERTA POESIA E PROSA 2017” – TUTTI I PREMIATI


AVVISO PER I PREMIATI DI “CASERTA 2017” I EDIZIONE I premiati dovranno ritirare personalmente i premi o mandare persona fidata durante la manifestazione.
I vincitori che per causa di forza maggiore non potessero partecipare alla cerimonia di premiazione potranno richiedere il premio, previo pagamento delle spese di spedizione.
Il Premio prevede per il giorno 20 Aprile, ore 17,00 inaugurazione mostra d’arte presso la Biblioteca Comunale Alfonso Ruggiero, Via Capitano Laviano, 65.
Il giorno 21 aprile alle ore 10,30 presso il Dipartimento di Scienze Politiche Jean Monnet di Caserta, Viale Ellittico, 31, si terrà la Conferenza di Pace del prof. HAFEZ HAIDAR, candidato al Premio Nobel per la Pace, alla quale parteciperanno autorevoli personaggi provenienti da vari settori culturali.
La premiazione avverrà nel pomeriggio del 21, alle ore 17,00 presso la Biblioteca Comunale Alfonso Ruggiero.
I premi consistono in trofei, targhe, medaglie e pergamene. Il giudizio della giuria è insindacabile e inappellabile.
OSPITI D’ONORE
VERBALE DI GIURIA
PREMIO “CASERTA 2017 – LA CATENA DELLA PACE”
La Giuria Letteraria della Prima Edizione del Premio “CASERTA 2017 – LA CATENA DELLA PACE”, composta da: CARLO ALBERTO AUGIERI, ANNELLA PRISCO, SERGIO CAMELLINI, ANGELO SAGNELLI, dopo una preliminare selezione delle numerose opere pervenute, ha provveduto ad indicare i vincitori finalisti.
Il dispositivo del verbale approvato all’unanimità è il seguente:
“Premesso che tutte le opere pervenute risultano valide e pregevoli, volendo accordare un congruo spazio a tutti i partecipanti, sono state effettuate le medie dei punteggi attribuiti a ciascuna delle opere, secondo le modalità e i descrittori stabiliti.
Si è quindi stilata la graduatoria completa di tutte le opere, sezione per sezione, procedendo di conseguenza all’individuazione di quelle che hanno ottenuto i punteggi più alti, tra le quali sono state proclamate le vincitrici e le meritevoli di segnalazione. Si è poi provveduto alla stesura delle motivazioni delle opere premiate e segnalate. Al termine dei lavori la Giuria ha deliberato in tal senso:
POESIE
1)ENZO BACCA “IL POZZO DI JAMAL”
1)MATRANGA DOROTEA “SE UN FIORE NASCE”
2)CLAUDIA PICCINNO “DAVIDE E’ IL TUO NOME”
2)ANNA CAPPELLA “RUGIADA AL SORGERE DELL’AURORA”
3)MARCO VAIRA “LETTERA AD UN BAMBINO”
PREMIO DELLA CRITICA
ANNAMARIA COLOMBA “QUANTI CALVARI”
ELVIO ANGELETTI “ERANO FIORI”
PREMIO DELLA GIURIA
FRANCESCO STAGLIANO’ “L’ALTALENA DI VETRO”
CIRO IANNONE “VIVO SCAMPIA”
PREMIO VERBUMLANDIART
ENZO CASAVOLA “HO RUBATO”
MICHELE MELILLO “LA RIVA DEL MIO MARE”
PREMIO DEL PRESIDENTE
BARBARA CAPORICCI “FUOCO NEMICO”
FRANCESCO STAGLIANO’ “L’ALTALENA DI VETRO”
MENZIONI D’ONORE
1. AGOSTINO SECONDINO “MEMORIE”
2. ALESSANDRA FERRARA “LE COSE CHE AVEVO”
3. ANNA PARILLO “SOGNO D’ESTATE”
4. ANNALENA CIMINO “LA VETTA DELLA VITA”
5. ANNAMARIA LOMBARDI “METAMORFOSI”
6. ANTONELLA LA FRAZIA “L’ASSENZA”
7. PASQUINA FILOMENA “STESSO RESPIRO DEI SOGNI”
8. GIOVANNA AZZARONE “MENTRE TI STO ASPETTANDO”
9. GIOVANNI MONOPOLI “L’ULTIMA CANZONE”
10. GIUSEPPE BURO “SONETTO ALLA LUNA”
11. GRAZIELLA BENATTI “CLOCHARD ANIME SILENTI”
12. LAURA PAVIA “E’ SILENZIO IL RUMORE DELLA NOTTE”
13. VINCENZO MONFREGOLA “RESISTERE”
14. MICHELE LA MONTAGNA “IO SONO LA MONTAGNA”
15.IGNAZIO DE MICHELE “FERMATEVI!”
MENZIONI DI MERITO
1. LORENZO PICCIRILLO
2. NELIDA UKMAR
3. ROSALBA DI GIACOMO,
4. SARA RODOLAO,
5. TERESA LANNA
6. TIBERIO FERRERI
SEZIONE GIOVANI POESIA
GIANRENZO ORBAZZANO “AL SICURO”
SILLOGE
1) GIUSEPPE MILELLA “FOGLIE D’AUTUNNO”
2) ANTONELLO VANNI “40 PASSI DI LIBERTÀ”
2) GINO IORIO “CASERTA”
3) MICHELE NAPPA “VOCI DEL CUORE E DELLE COSE”
3)ROBERTO ROSSI “ALLUNGO LA MANO”
PREMIO DELLA CRITICA
RAYMOND SIMONE FERRIER: “CONSAPEVOLEZZE D’AUTUNNO”
PREMIO DELLA GIURIA
DOMENICO RUGGIERO “FIORE DELL’IMMENSO”
PREMIO VERBUMLANDIART
LORENZO PICCIRILLO “L’ERPICE E LA ZOLLA”
MENZIONE D’ONORE
VITO SORRENTI “IL MIO CANTO”
NUNZIO BUONO “VOLI A MATITA”
LAURA MARGHERITA VOLANTE “TUONA AMORE”
PROSA ITALIANI
1)MIGGIANO PAOLO “L’INVISIBILE”
2)MAGGIO ROSSELLA “IL FIUME INNAMORATO”
3)ALESSIO CHIRIVI’ “DIECI”
3)SCARDAGLIA MARIA “LA STESSA ARIA CHE RESPIRI TU”
PREMIO “CASERTA 2017 – LA CATENA DELLA PACE” I EDIZIONE
GIURIA COMPOSTA DA MIRJANA DOBRILLA PER LA SEZIONE STRANIERI.

SEZIONE STRANIERI
CUBA POESIA
YULEISY CRUZ LEZCANO – ATOMI INVISIBILI
BOSNIA POESIA
EMIR SOKOLOVIĆ – VALZER DEL MEFISTO
TUNISIA POESIA
SONIA MADOURI – LA PIANTA DI SALVIA
SVIZZERA POESIE
ESTELA SOAMI – E NOI
MIRANDA PATELLI – SILENTE E’ LA NOTTE
FRANCIA POESIE
FLORA CASTALDI

SERBIA POESIE 1. MIKA VLACOVIĆ VLADISAVLJEVIĆ -KADA BI LJUDI ZNALI
1. BORISAV BLAGOJEVOĆ – ELEGIJA
2. MARKO STANOJEVIĆ – RAZGOVOR
3. VESNA VUČETIĆ – POSLEDNJA ŽELJA
PREMIO DELLA GIURIA
SANJA RADULOVIĆ – DAR
ŽAKLINA MANČIĆ – RANO PROLEĆE
PREMIO DELLA CRITICA
BUDIMIR STEFANOVIĆ – SVEDOČANSTVO
PROSA SERBIA
DIANA TOSIĆ – ZAVET – RUDNIK



“CASERTA  POESIA  E  PROSA  2017”

  1. Autore: MIKA VLACOVIC VLADISAVLJEVIC
SE LA GENTE SAPESSE

Se la gente sapesse
come ti ho amato – tutti, fino all’ultimo, piangerebbero,
se la gente sapesse,
come ti ho vegliato – tutti, fino all’ultimo, sarebbero rimasti svegli,
e mai più avrebbero dormito accanto ad una donna.
Se la gente sapesse,
che ero un chicco d’uva tra i denti nei baci,
capirebbe
perché ero lo specchio del pesce nella pupilla del occhio della lontra.
Se la gente sapesse,
che la saggezza non si ferma fino a quando non si è arato il solco
per il seme morto del vivo raccolto – allora tutti i seminatori risusciterebbero in silenzio
nella mistica madre,
figlia e sorella della cara, grande brama.
Se avessi saputo
che mi spogliavi come un colpevole e non come un amante,
se avessi sentito
che le tue mani mu frustavano e la bocca nel bacio mi derideva,
avrei sorriso di più, più deciso e più schietto,
e poi ti avrei baciato ancora più forte,
perché tu sei saggia come la spensieratezza
e più esperta di me per poter leggere negli occhi la solitudine.
Se tu avessi saputo
avere la pietà del mio dolore – mi venivi incontro,
per immergerti profondamente in me come l’eternità.
Se tu ti fossi alzata prima del tardi e prima del mai più
io anche allora non avrei saputo dove andare,
e tu non avresti saputo dove scomparire prima della esecuzione dei nostri occhi
che lasciarono il piacere davanti alla tranquilla folla.

  1. Autore: MADOURI  SONYA
Poesia adulti: LA PIANTA DI SALVIA
Dall’ ispirazione delle tue parole
possa l’acqua zampillare dal corpo della poesia
e la pianta di salvia nei nostri giardini domestici
non dia in segreto il suo aroma agli uccelli …
Diciamo che il vento diffonde piuttosto magicamente
la sua rivelazione agli alberi,
cose che il silenzio offrirà alle bocche???
Nient’altro se non il  sale su un labbro elude il suo segreto …
I viaggiatori  portano le loro lettere nella loro gola in silenzio
Come fa la sabbia a sollevarsi
mentre la notte c’è una suora che canta la sua genesi?
dal momento che il ramo ha circondato le larve
dal momento che il peccato ha infangato la sua bellezza
e le palme nella lingua del mito hanno fallito
quali sconfitte dobbiamo chiamare trionfi?
i nostri destini sono le mele, signore
per il serpente assetato di peccato
braccia  che uccidono la luce in te
se mai tu abbia accettato di eliminarla.
L’arancia amara conosce il dolore nei tuoi occhi
E il violino lo suona,vuota è la borsa di vani incantesimi?
E ritarda il viaggio che è raffigurato nelle tazze da tè
Forse un piccione abituato al suo nido contro la sua volontà
cerca ora di appartenere al filo?
E la scure della pazienza rimuoverà il fuoco?
Presumibilmente il consiglio ha salvato la nostra volontà
dai difetti della razza e ha fertilizzato il suo bene
Le farfalle del profeta non  deluderanno gli eventi
Sopra un giardino di illusioni che strangola i suoi fiori
E ora lo supero con  percorsi insanguinati
E le stelle tessono un sogno sicuramente mentre parlo
Queste divagazioni sono una serie di cadute epiche
della  pioggia nella  mia sete arrogante.
Migliaia e migliaia di poesie hanno assassinato
intenzionalmente le proprie rime.
Tunisia
Traduzione a cura di Claudia Piccinno


  1. Autore: ANNAMARIA COLOMBA
QUANTI CALVARI

Questa guerra,
lorda di sangue
impasta lacrime e odio
così vicina, ci guarda…
Questa guerra,
incredibile e vera,
così estranea,
non ci riguarda?
Noi, a cui nulla manca,
se d’altro non siamo capaci,
almeno preghiamo
e chiediamo perdono
al profugo amaro
che invisibile arranca
su calvari di pietre,
sconfitto
e piegato al dolore.
Al fratello che inghiotte polvere
invece che pane
e anela speranza…
Ai miserrimi della Terra
perseguitati,
offesi e trucidati
(come Cristo sulla croce un’altra volta),
in questo tempo feroce
che per tutto ha una risposta
e nessuna al lutto infinito…
Quante grida
e quanto silenzio.
Quanti calvari eretti
sugli incerti passi della Pace
che il mondo non cerca e non vuole…
Se d’altro non siamo capaci,
almeno preghiamo
e chiediamo perdono.


  1. Autore: BUDIMIR STEFANOVIC
SVEDOČANSTVO
Smrt smo stekli radjanjem a ne zavredjujemo je
sve dok nevidljiva ne napušti naš potiljak,
zalepi se za usne, oči u bradu,
isceri nam se u lice pobednica,
zapečati crveni vosak na pergament i ode dalje.
Po principu samosugestije tonem u san vrtoglavo
sa bliskim sećanjima na minute i trenutke pre samog sna.
Ja stojim nag pred ogledalom, ja sam go čovek,
ja trazim ožiljke stečene na glavi, telu, koži,
od trnja i noža, od lomova i padova, od krhotina,
jer sam nag pred bogom sa krstom pravoslavnim na grudima,
proklinjem laznu projekciju otisaka na telu
i vraćam se sopstvenoj duši koja pišti pred odrazom
nevidljiva prokletnica na rubu čistilišta, moli za prosvećenje,
očisćenje i upokojenje pred svevišnjom nevidljivošcu duhovne iluzije.
Po principu samooslobodjenja budim se iz sna usporeno
sa bliskim sećanjima na minute i trenutke kliničke smrti u snu
i zapis doživljenog blagoslovim kandilom i tamnjanom da
duša pred telom zamiriše uskrsnućem pred strahotom živih ljudi
oko mene u meni i sa mnom na rubu, na ivici!


  1. Autore:MARIA SCARDAMAGLIA

Racconto breve:
LA STESSA ARIA CHE RESPIRI TU

Dimenticati, li equilibri inermi e vulnerabili; pelle colorata, due occhi scuri e senza nome.
Nati in una terra sbagliata, li dimentica l’umanità; la carne sorella non ha pudore.
La fragilità di un letto di foglie, respirano il peso della vita, nella leggerezza di un volo di gabbiano:
non grida, non si lagna, aspetta la sua ora mentre và incontro onesto, alla Signora Morte.
Riuniti sotto un solo cielo, respirando la stessa aria che respiri tu.
Destini diversi mordono la terra, speranze in un vento del nord, la tua indifferenza li uccide, non ti tocca nemmeno la miseria che calpestano, nemmeno il fiume della vergogna ti divora, osservi senza un progetto mentre la tua anima placida, contempla i colori della vita.
Respiri la stessa aria senza veleno, mordi la stessa terra fertile e ne calpesti il frutto; solleva lo sguardo su quella terra segnata dalla miseria, ma con tantissimo amore.
Grida quel sangue senza macchia, aspettando la pace fra i popoli, fatta di dialoghi muti, un solo
cielo veglia sulle nostre teste, anche se parliamo lingue diverse il sangue ha un solo colore, uniti da una sola parola umanità e i popoli diventano popolo.
La pace non è, non farsi più guerre con cannoni e fucili, la pace è unità, fratellanza, senza distinzione di razze, religione o di colore; dominati da un unico sentimento chiamato amore.
Nazioni, che stilano trattati di pace e generano guerre fredde, nell’indifferenza globale la povertà di spirito d’azione, nel singolo individuo; ci calpestiamo l’un l’altro come appestati, così la pace si costruisce su rovine destinate a crollare, vi è una sola terra sotto i piedi, un solo canto, un solo battito, una sola aria.
Siamo tutti fratelli e dobbiamo solo imparare a parlare un solo linguaggio, aprendo le porte al dialogo del cuore, rafforzando l’unità del popolo.
Marciate verso la pace, verso il pane di tutti, perché un solo uomo non ha voce, ma tutti gli uomini!
Il mondo oggi è la tua bocca, quante lettere caddero nel sonno e vicino il tuo piccolo orecchio:
una sola bandiera, candida come una colomba e si apre il ventaglio su una nuova patria.
Con il linguaggio dei gesti apro gli occhi a un dialogo pieno di ricchezza universale, fatto di condivisione dei beni, completa di tutti i doni; mentre le tue mani vanno e vengono, per qualcosa che fu disposto sulla terra, spargi le tue parole perché esse ardono, suona nella tua voce la parola pace affinché l’unità globale regni sul mondo intero.



  1. Autore: VESNA VUCETIC
POSLEDNJA ŽELJA

Neću o snegu.
Ja sunce volim.
I pre nego nestanem sa ovog sveta
hoću da osetim miris leta.

I toplinu na rukama,
i mirise žita i poljskog cveća.
Hoću zrikavce da čujem
pre nego što odputujem.

Hoću da podelim gutljaj hladne vode sa umornim koscem,
da bosim nogama kroz polje prošetam
i poj slavuja da slušam satima
pre nego li se gospodja Smrt pojavi na mojim vratima.

Neću o snegu.
Dovoljno je hladna zemlja u koju će moje telo da polože
I još bih samo jedno htela…
Da zagrlim onog koga sam volela.


  1. Autore: SANJA RADULOVIC
DAR
Kao pahulja,
porođena bistrinom
vazdušastih zidova,
uplašena željom
da padne sa neba
na nepoznata ramena,
zadivljena jekom prostora
po kojem  sigurno hoda
samo ugašena želja za stizanjima,
pada na rever kaputa,
klizi u lijevi džep
da stisne ti ruku
prepoznavanja,
moja ljubav
u zimu prerušena.



  1. Autore: DOMENICO RUGGIERO
FIORE DELL’IMMENSO

Fiore dell’immenso
condizione sgargiante
di preghiera fuggente
lasciati toccare
per trasmettere il tuo profumo
alla nostra anima.

Sei un lume per noi umani
pieni di follia
sforniti di pazienza
vuoti di speranza.

Lasciati toccare
per assorbire il tuo candido amore
verso i nostri vasi tumefatti.

Cono di luce
per chiarire i nostri misfatti.



  1. Autore: BENATTI GRAZIELLA  (WAMBLISKA)
CLOCHARD (ANIME SILENTI)

Segrego ogni attimo
ogni supplica
che ornava le tue mani.

Ignaro cieco s’incammina
sui viali del tramonto.

Seduto sulla panchina
l’anima ascolta
il vento fruscia tra foglie ingiallite,
nell’aggrappare la speranza
nell’ultimo appiglio
prima di prendere il volo.

Nubi contornano l’orizzonte
il buio silenzioso avanza
di neve s’abbandona
posandosi ora
sulla sua panchina vuota.


  1. Autore: ROBERTO  ROSSI
Silloge adulti:
MONDI  TRA  DI  NOI

ALLUNGO  LA  MANO…

Allungo il passo,
allungo la mano,
dentro il quotidiano.
Questo folle tempo
che ha perduto il suo tempo.
Cerco incontri
cerco persone
mentre dentro il quotidiano
trovo lo sconquasso della ragione.
Cerco il senso
cerco il mio senso
per andare oltre il quotidiano
per cercare il senso
di tutto questo.
Allungo la mano
per stringere altre mani.
Allungo il passo
per incontrare chi
andato è
oltre il quotidiano.
Cerco il senso
di tutto questo
perché tutto questo
non ha senso.


  1. Autore: ENZO BACCA
IL POZZO DI JAMÀL

Erano stranieri in terra loro
bandiere diverse sullo stesso suolo: amanti.
La divisa verdeoliva e il velo chiaro
si fondevano al tramonto
nell’unico abbraccio, il solo sincero.
Un bacio e una carezza
e un’altra ancora, fino a sera tarda
sul muretto dell’orto di Jamàl
nella calma apparente, invitante
complice la ruffiana luna.
Vite sospese nella dolcezza di un’idea.

All’improvviso, la marea del piombo
sull’altura di Jabàlya, la terra tremava
orchidea oltraggiata dai rapaci rombanti
mentre i gigli selvatici chinavano la cresta, riverenti
recisi dalla furia delle granate.
Il pozzo presso il timo, miraggio d’acqua per zolle avare
ridotto a cumulo d’ignare pietre.
Verdure e agrumi senza più linfa
antichi olivi colpiti al cuore
poltiglia di colori sul manto rosso, la terra che muore.

Il lamento di Jamàl per quello scempio
ferita aperta sulla striscia violata:
i mandorli della sua giovinezza
l’olmo di agognata frescura
le foglie per la shisha, i carrubi, la verzura
perduti per sempre.
Il roseto della madre che con cura
coglieva i petali per l’unguento, senza più vita.
Sgomento per quella tortura.

E quando la notte sovrana abbraccerà i cieli e le rovine
e tutto inghiottirà nel suo mantello d’ombre
si placherà il pianto della Madre Terra
china sui corpi dei figli esangui
mentre l’incanto della luna riprenderà chiarore
irradiando luce nuova sul campo di sventura.
Nel silenzio, l’ora triste del distacco.
Sotto le macerie dell’orto confine
l’ultimo bacio degli amanti: eterno amplesso di libertà.
Pozzo di Jamàl: terra di Palestina, dove l’acqua è ancora scura.


  1. Autore: BORISAV BORA BLAGOJEVIĆ
ELEGIA

Mi rendono triste queste foglie sotto i piedi
Mentre guardo lungo la strada
Che vedo fangosa e solitaria…
E nessuno che passa
Se mi fossi trovato li per l’eternità
Penso che nessuno sarebbe mai passato
Che la pioggia non avrebbe mai smesso
E che mai avrei potuto essere più triste
Mi arrendo alla solitudine… e perdono
E cerco le scuse per i peccati
Al vento aggiungo l’eco del silenzio
Perché tutto sia in armonia
In conformità con il colore, la forma, la vita
In qualche modo sono stanco di questa vita
Di questa attesa e della ricerca
Sono stanco di tutte le bugie
Chiacchiere –  simulazioni
Giuramenti e giustificazioni
Partenze – arrivi
Non so cosa volevo
In effetti lo so ma non posso
Non so dirlo…
Cerco qualcosa che è nascosto in me
Come un desiderio, come un segreto, una verità
Sto cercando e non perdo la speranza
Trovo tutto solo nella poesia
Perché solo lei mi è fedele, costante e mia
Ed ogni verso risveglia qualcosa in me
Qualcosa di bello, sincero e grande
Perché la poesia dà la tenerezza e il calore
Non è capace di ferire
E nella stanza dove il fuoco canta nella stufa
Io canto d’amore
E della pioggia che cade in continuazione, cade…


ЕЛЕГИЈА
Растужи ме ово лишће под мојим ногама
Док стојим и гледам низ сеоски пут
А он блатњав и пуст…
И нико да прође преко њега
Па кад бих стајао читаву вечност
Чини ми се да нико не би прошао
Да киша никад не би престала
И да никад не бих био тужнији
Предајем се самоћи …и праштам
И тражим оправдања за грехе
И ветру додајем одјек ћутања
Како би све било у складу
У складу са бојом формом животом
Некако сам уморан од овог живота
Од овог ишчекивања и тражења
Сит сам свих лажи
Причања – претварања
Заклињања и правдања
Одлазака – долазака
Не знам шта бих хтео
Заправо знам а не могу
Не умем да кажем …
Тражим нешто што је у мени скривено
Као жеља као тајна и истина
И управо трагам и не губим наду
Налазим то само у песми
Јер само је она верна стална и моја
И сваки стих у мени нешто буди
Нешто лепо искрено велико
Јер песма даје нежност и топлину
Она не може да повреди
И у соби где ватра пева у пећи
Ја певам о љубави
И киши која пада непрестано пада…


  1. Autore: LORENZO PICCIRILLO

Silloge adulti: L’ ERPICE  E   LA ZOLLA

L’INFANTE
Tu m’hai insegnato a non
[morire]
più che a non vivere
Ma all’oggi faccio fatica
a non farlo
Mentre ripulisco il tuo viso
dalla polvere della memoria
Aiutami a scrostare l’acredine
di questa tua partenza dolorosa
[se puoi]
sporcata da un’impossibile ritorno
che mi opprime l’anima
al crepuscolo del giorno
Questo «Addio» previsto
[nel profondo]
non ha avuto per me riguardi
non mi ha usato sconti
A volte
se mi rapisce l’estasi
ti rivedo affacciata alla loggia
[dell’anima]
mentre canti la canzone
dei tuoi tempi …
“Rose!  che belli rrose … torna maggio ..
Sentite  ‘addore ‘e chisti sciure belle
Sentite,  comme cantano ll’aucielle …
E vuie durmite ancora!? …
‘I’ che curaggio!
[ ..] Ma chesta voce vuje nun ‘a sentite?
Rose! Che belli rrose!
E vuje durmite!…”

Poi si spegne la finestra
e si chiude il balcone

Musica: Eduardo Di Capua
Versi:    Vincenzo Russo
Anno     1900
  • Traduzione (dal “Napoletano”)

“Rose, che belle rose! Torna maggio.
Sentite l’odore di questi fiori belli!
Sentite come cantano gli uccelli!
E voi dormite ancora? Eh, che coraggio!
Ma questa voce voi non la sentire?
Rose che belle rose!
E voi dormite!”

  1. Autore: MARKO STANOJEVIC

РАЗГОВОР

Да ли си икада седео под облаком меланхолије
и држао сузу на длану, осетио како патња љуби
горким уснама коре наранџе,
гледао како се тело ломи као иструлела грана
и пада на тло, губећи свој смисао?

Да ли си чуо тишину док плаче
мисао како се провлачи кроз крв
у хтењу да постане реч,
видео себе као сенку непостојаног
и уплашио се?

Да ли си стезао омчу страха,
гушио слободу голим мислима
да си недостојан њене лепршавости,
претварао се у песак  и молио  ветар
да дуне што јаче,
не би ли те однео још даље од себе?

Да ли си срећи закључао врата
и предао кључ тузи, успевши
да је насмејеш,
гледао како љубав умире?

Знаш?
Живот је свакодневни сусрет са смрћу
али ако на сваки састанак понесеш љубав
смрт ће почети да  се боји…


  1. Autore: ELVIO  ANGELETTI
ERANO FIORI

Erano Viola e Margherita
profumate nel prato,
poi un vento gelido
le ha condannate
e lingue di fuoco senza saperlo
le hanno colpite.

Viola un giorno disse: “ce la faremo”
e Margherita pianse di gioia.

Era un gioco
forse una farsa
studiata da tempo
da chi sprigionava
orrore e tempesta.
Puzzava di polvere
il vento troppo forte
e di lì a poco
arrivò anche la morte.

Il prato pianse
per quello scempio
e crebbero rose
dal colore indeciso.

Era polvere
volava leggera
e tra i fuochi
ed il canto del vento
si nascondeva la malasorte.

Erano fiori
nati nel prato
al primo sole di primavera.


  1. Autore: MARCO  VAIRA
LETTERA AD UN BAMBINO.

Saperti lì
che osservi l’orizzonte
senza vedere l’oltre
mentre i tuoi occhi
lacrimano su fiori rossi
profumati da inganni,
distruggono il mio saper sognare.

Il rumore copre ogni tuo lamento,
sei circondato dal nulla.
Intorno a te solo rovina;
la tua stanza è vuota
come una scatola di cartone abbandonata
e ti fai trasportare dal silenzio.

Il pianto è inghiottito
da un sapore acre di storia perduta
mai raccontata e celata da una paura reale.
Le mani grandi che ti hanno voluto,
graffiano ancora la tua pelle bianca
colore del bucaneve appena nato
nella neve in un giorno primavera.

Ti vorrei qui accanto a me
per consolare il tuo dolore,
ma l’angoscia non mi permette
nemmeno di urlare.
Cosi, mi abbandono a me stesso
e chiudo gli occhi per non vederti soffrire
la violenza che hai dovuto subire.



  1. Autore: ANNALENA CIMINO

LA VETTA DELLA VITA

La cima si stagliava maestosa,
lontana, senza intimorirci.
Il vento soffiava forte togliendoci il respiro,
avanzavamo senza voltarci.
Il baratro era infinito, eravamo
a pochi metri dal vertice…Il Paradiso.

Una corsa verso la meta,
finalmente la Vittoria,
toccare il luogo sacro,
mirare con estasi quel dirupo
ed il cielo terso intorno a noi.

Sedermi accanto a te,
in silenzio ascoltando
le note d’una chitarra.
Una forza misteriosa, sembrava
sorreggere l’universo all’orizzonte.

Eravamo soli ad un passo dal cielo,
stanchi, felici d’essere insieme,
passo dopo passo…
e raggiungere la Vita.


  1. Autore: VITO SORRENTI
Silloge adulti: IL MIO CANTO

Non rallenta il mio canto
lo scorrere dei fiumi, la corsa del vento;
né trascina le piante come il canto
di Orfeo accompagnato dalla lira;
ma intenerisce il cuore della mia Euridice
quando canto la Pace.
La Pace agognata, implorata, attesa
dalle madri e dalle spose.
La Pace ferita, lacerata, offesa
fra i muri delle chiese
insanguinate dalla ferocia.
La Pace dilaniata
ai piedi degli altari.
La Pace ricurva sui cuori
gonfi d’orrore e di pianto.
La Pace sgomenta, affranta, smarrita
come l’anima delle madri
ripiegate sui figli,
sui loro gigli recisi da mani impietose
sulle loro rose stuprate, seviziate, uccise
da unghiate feroci e morsi di acciaio;
la Pace che brancola nel buio
degli atroci calvari.
La Pace che dolora sugli altari
degli orridi martirii.
La pace che muore negli eccidi
della truce barbarie e del folle delirio
delle orride fiere
al guinzaglio degli alfieri dell’odio.


  1. Autore: GIANRENZO ORBASSANO
Poesia giovani: AL SICURO.

Ci sono giorni in cui cerco di distrarmi
estraniarmi insieme a te,
te che non mi fai finire
l’ultima goccia di caffè.
Vorrei tornasse il tempo dell’incoscienza
per tenerti il posto sulla panchina,
non avere premura
di rifare il letto.

E mi sono messo al sicuro
al riparo dagli sbagli
sono sempre qui,
a bagnarmi i piedi, a sentire freddo.
Sì, sono al sicuro in trincea come ieri
sono sempre qui, a guardar la guerra
dietro ai capelli.

Eri un buon giorno, io la buona notte,
tu la buona ragione per alzarmi
io l’occasione di non pensare.
Vorrei sparissero le multinazionali in città,
quelle che hanno tutto ma non l’umanità.
I miei occhi sono una promessa,
i tuoi una difesa per le mie paure.
Ed eri un prato dove respirare,
io un vento da inseguire.
Sì, sono al sicuro.


  1. Autore: RAYMONDE SIMONE FERRIER

Silloge adulti: “ATOLLO D’ANIMA”

CONSAPEVOLEZZE D’AUTUNNO
si riflettono nel fiume
distese sull’arcobaleno.
Tacciono i lampi di temporale,
silente il color fuoco del fulmine.
Ma nella linfa dell’albero
fino all’ultima diramazione, languiscono.
Il chiaro-scuro illumina la cupa stagione
del suo sfumato udire
di candidi fiochi, gioiosi zampilli,
lucciole e grilli.
Ė l’ora della contemplazione
di ciò che fu arsura e rimarrà eterno.
In controluce, di maturi colori adolescenziali
che, astri dei nostri infiniti-indefiniti cieli,
ora meno incombenti gravitano.
Che dolcemente sull’acqua si adagiano,
rotondi, la loro poesia a correggere un reale
di dimensioni meno astrali.
Ad arco, a sorreggere l’identità del vero,
il suo nebulizzare d’emozioni.
Le tardive consapevolezze non scelgono,
si limitano a sdraiarsi sui loro colori pastelli.
Sul loro incorporato arcobaleno
d’anima quattro stagioni.


  1. Autore: GIUSEPPE MILELLA
Silloge adulti:
POESIE  TRA  LE  NUVOLE  E  IL  VENTO

UN BACIO RACCHIUSO IN UNA NUVOLA

Solo,
con la bocca socchiusa
a trattenere il pensiero di un bacio.

E pensavo a quando mi dicevi
di guardare il tramonto
perché, ogni tramonto
custodiva un altro giorno per noi.

E tu,
quando sarai sola
guardando una nuvola in cielo,
se ti sentirai avvolta dal vento,
e pensandomi  ci sarà
una carezza  nei tuoi ricordi,
immagina

che ogni folata, avrà una mia carezza
e se anche non avrai una finestra per guardare il cielo,
o il cielo non avrà i  tuoi occhi ;

il mio  pensiero ti seguirà sempre ;
ovunque, arriverà una nuvola o una carezza
perché, in ogni silenzio
ti parlerò col desiderio  di un bacio,

per restarti accanto.

  1. Autore: NUNZIO BUONO
Silloge adulti:
“VOLI A MATITA“

Voli a Matita

Oggi
sono come gli uccelli, quando
negli occhi hanno il vento e restano
a metà del cielo.

– Ho memoria d’un nido tra le foglie.

Anche il buio
mi ricorda nella notte e mi cerca

se una stella non appare.


Se rimani

Mi fermo nelle virgole dove leggo e torno.
Mi avvicino a te se ti scrivo.
Quando il filo azzurro ripercorre il tuo pensiero
il mio pensiero si fa luce.

Mi accompagni.
Tra le vie ci guarda il silenzio delle cose
e cammino sui tuoi passi. Abbiamo riso sotto il portico.
Ho baciato il tuo viso di pioggia; tu le mie parole non dette.

Qualcuno ha parlato, forse
ma eravamo altrove, io da te tu da me.
In ogni volto dei minuti si fa sera e si fa notte ogni giorno.

Poi si resta a fingersi un riflesso
a filo d’acqua come le zanzare, un volo
e dal riverbero si nasce per morire senza sosta.

Siamo l’eco dopo il punto
e tutto si ripete se rimani.






  1. Autore: CLAUDIA PICCINNO
DAVIDE È IL TUO NOME
(poesia dedicata a un bambino affetto da autismo)

Dov’è fermo il tuo sguardo Davide?
Inciampasti nel dettaglio per non vedere l’insieme.
Non è facile decifrare la bussola dei sensi
in tale marasma di stimoli sociali.
E come sosterrò io la ricompensa
di quella biologia molesta?
Rispettare la mancata connessione
tra le tue abilità sensoriali
è fatica immane per noi così detti normali.
Sopperire coi gesti a un’attenzione condivisa,
portarti a esplicitare una richiesta,
sono finalità impellenti nella mia testa.
Davide è il tuo nome,
non sei per me diagnosi
né variante o falla di architettura genetica,
aspettativa disattesa,
precoce o tardivo intervento,
compromessa plasticità cerebrale,
disturbo dello spettro.
Davide è il tuo nome
il bambino che ama il dettaglio. . .
Indosserò il tuo sguardo,
ascolterò la tua confusa stereotipia,
scenderò a incrociare l’oggetto che ti attrae
per accorciare la distanza
che ti tiene relegato in una stanza.




  1. Autore: FRANCESCO STAGLIANO’
L’ALTALENA DI VETRO
Belle vite redente – strappate –
con assidua ferocia
alla terra madre indifesa
all’oro mendico dell’alba
alla sera condita di sudore
alla stanchezza carica di fame
nel nome di un Dio muto di pietà.

Ho visto donne in fiamme
lacerarsi il ventre
e offrire con rassegnata infamia
all’indifferenza del cielo
il loro unico amore
concepito nel dolore.

Hanno visto i miei occhi
ala di farfalla
armoniosa e trasparente
proteggere premurosa
il fiore dalla pioggia
e un nibbio musicista
cessare il proprio canto
per l’incanto mercenario
di un effimero tramonto.

Sul tuo viso di cerbiatta spaurita
ho aperto il pugno
affrancando inedite carezze.
Ho tramortito l’innocenza
sul tuo seno di ostinata bambina.
Mi sono arreso inerme
-io stesso bambino-
a quei baci inattesi e profondi
fino a lambire il cuore.

Non colpirò mai,
mai, mai ucciderò
l’intrepida formica
giunta a rubare dal piatto
l’innocua mollica del mio pane:
né per punitiva premura
o per avidità di possesso
né nel nome di un Dio
sordo alla pietà.

  1. Autore: ANTONELLO VANNI
Silloge adulti: 40 PASSI DI LIBERTA’
1)

In questo luogo dove la parola fine trova significati controversi e contrapposti,
dove tutto è il contrario di tutto,
dove l’unica certezza è racchiusa in 40 passi di assoluta libertà,
dove “assoluta” non esiste…
In questo luogo, dove la realtà supera la fantasia
e la stessa fantasia non è abbastanza fantastica per sovvertire il senso delle cose…
perché in questo luogo non v’è un senso…
in nessun…senso.

2)

Salgo e scendo
scale
da quando
sono nato.
No, non saprei dir,
le genti
che ho incontrato.
Statici, fermi,
nel ballatoio
accalcati.
In rigorosa fila,
involucri svuotati.
La vita
è un rotear
di emozioni
forti,
chi vi si sottrae,
son pavidi
plotoni
di esseri
sepolti.

3)

Al profilarsi
della sera,
vive ancor
solo chi spera.
Allor mi apparto
per annientar
l’inedia
e comodo
mi metto
su una sedia.
Mi guardo dentro
e come
un puzzle,
disfo e
ricompongo
la mia vita.
Pezzi di cuore
e cuori a pezzi,
spesso ricerco
tessere di ferro
come calamita.
E tutto questo
per non finire
ai pazzi,
alla ricerca
di una striata luce
che m’indichi
l’uscita.

  1. Autore: CIRO IANNONE
VIVO SCAMPIA

Viaggi di gioventù raccolti in una dose
comprata di nascosto a un angolo di strada
cercando in quella polvere  falsa felicità
ma  resta solo un sogno, che non è realtà.

Una mano, se è serrata tiene più forza d’urto
aprendola ti accorgi che quelle  dita van per conto loro
anche restando unite in quella  stessa mano
quel pugno schiuso non farà  paura.

Vola farfalla, vola  verso il cielo
dispiega le tue ali verso la  libertà
raggiungerai la meta soltanto all’aldilà
e forse avrai ottenuto la tua felicità.

Viaggi intrapresi con la fantasia
che portano nell’anima solo malinconia
virtuali, mai iniziati eppure già  finiti
storia di un fiore reciso appena nato.

Ti porterò per sempre nel mio cuore
di te mi resterà  soltanto quel ricordo
di un figlio che ha vissuto il suo bel sogno
l’ultimo viaggio, senza più ritorno.

Sei  stato sfortunato figlio mio
nascendo nel  quartiere di Scampia
dove trova lo spazio soltanto la  Camorra
e la gente perbene condannano alla gogna

Dov’è lo Stato con  le  sue Istituzioni ?
Perché ci tratta come figli di un Dio minore?
E non ci lascia spazio per vivere sereni
le immagini fissate solo su quelle Vele

Io padre se ho sbagliato nel passato
che colpa ha mio figlio marchiato appena nato
cresciuto per la strada dove si fanno le ossa
ma forse gli fa comodo se cresce un altro Boss

Non sarai mai più solo  ragazzo di Scampia
per te nuovi orizzonti e verdi praterie
giammai ti negherò di questa facoltà
perché tu sei  il futuro  di questa  mia Città

  1. Autore: EMIR  SOKOLOVIC
VALZER DEL MEFISTO

Eccomi! Guardati intorno!
Guardami! Profanati !
La nota che conduce l’inseguimento
Sparando i tasti
E dalla  luce  nell’oscurità avanza
Rompendo le  aste della prigione

Eccomi! Guardati intorno!
Guardami! Profanati !
In acqua  so  immergermi
Ignorando  le  ancore
E con la pietra levigata incido il tempio
Invece di un’antica maledizione

Il mio cuore al  ogni sorriso lotta
Un sorriso non lascia lo spazio  nemmeno  in  dubbio

Ed eccomi qui! Guardami!
Guardati  intorno e profanati!
A noi  il Dolore volteggio; il dolore ci intaglio
Ma con il bianco e nero mai scolpisco
Perché io sono qui; guardati intorno …

  1. Autore: ALESSIO CHIRIVI’
Narrativa adulti: DIECI

L’uomo rientrò a casa dal lavoro alle dieci di sera inoltrate, con in testa il peso della maturata convinzione che, quasi sempre, per quanto ci si possa impegnare per il raggiungimento di un traguardo, lo stesso può comunque rimanere irraggiungibile se vincolato da scelte altrui.
Entrò in casa e, in silenzio, si svestì del cappotto, chiudendo delicatamente la porta d’ingresso dietro di sé e lasciando fuori il pesante fardello di una giornata di lavoro, sicuro del fatto che l’avrebbe esattamente ritrovato lì, ad attenderlo, il giorno dopo.
Si lavò fisicamente e mentalmente prima di raggiungere sua moglie e suo figlio nel lettone. La porta della camera da letto era socchiusa e, una volta aperta, scoprì che i due erano ancora svegli nonostante la tarda ora. L’uomo non riuscì, però, a celare il piacere nel vedere il viso sorridente del piccolo bambino che s’illuminò nel vederlo. La penombra nascondeva i suoi occhi lucidi, quegli occhi scuri che la paternità, in soli dieci mesi, aveva reso morbidi e dolci.
Strinse in un affettuoso abbraccio il piccolo, baciò teneramente la moglie e si infilò sotto le coperte già calde. Lesse nello sguardo della donna l’affaticamento fisico che neanche il piacere di essere madre può attenuare, così adagiò sul proprio petto il bimbo che di dormire non ne voleva sapere, lasciando finalmente che sua moglie si concedesse un meritato riposo. E infatti si addormentò quasi subito.
L’uomo restò a fissare suo figlio, seduto sulla sua pancia, per qualche secondo, poi fece partire dal suo cellulare una canzone che il bimbo riconobbe immediatamente. Il piccolo sorrise e appoggiò delicatamente la guancia sul petto del padre che iniziò ad accarezzargli i capelli fino a farlo addormentare.
Con lo sguardo rivolto al soffitto, l’uomo pensò che gli abbondanti dieci chili che aveva su di sé erano l’unico peso che fosse in grado di sopportare e che avrebbe sempre sopportato volentieri. Si voltò a sinistra e fece una carezza piena d’amore a sua moglie, come per ringraziarla.
L’uomo chiuse gli occhi e, lentamente, si addormentò con dieci chili abbondanti su di sé, tra il calore dell’affetto della sua famiglia e il tepore delle morbide coperte, al riparo dal peso dei traguardi non ancora raggiunti e rimasti a ghiacciare sotto il gelo invernale, mentre, dal suo cellulare, la musica dei Dream Theater continuava a suonare.

  1. Autore: IGNAZIO  DE  MICHELE

FERMATEVI sentinella, quanto è vicina l’alba?…
stanotte
il vallo s’empie di polvere, disperazione
appena rischiarato
da una indulgente luna e
volute azzurrognole sfilacciano
lo zendado della speranza
intessuto di aneliti
preci e parole sussurrate
ornano il rosario della Pace
maculano, la trincea
ferali bagliori
ottundono la volontà
di rinascita
per urlare
basta, Guerra
fermatevi
fermatevi…


  1. Autore: CASAVOLA VITO ENZO

HO RUBATO

Ho rubato il mio corpo
………………….

alla morte, ho chiesto
aiuto ai cieli,han steso
i raggi d’amore, ho sentito
il cuore parlare con loro.
L’anima piangeva per me
morente, l’unica amica,
tra sospiri di speranza.
Udivo fruscii dell’intorno,
ma nulla dentro di me;
il gomitolo  del mio tempo,
giaceva tra i piedi pronto
a catturare il capo
per sparire; lo teneva
stretto il mio cuore.
Nel triduo d’angoscia,
han pregato tutti per me.
Ho rubato il mio corpo
alla morte, è ora accucciata
nel tempio suo oscuro..
Sono lustri che attendo
dai cieli il riscontro
di questa salvezza,
vivo fortificato in pace,
la savia pace dell’agape.
Continua fuori a piovere,
la neve è in vacanza al sud.
sospira nella pace l’anima,
con dolci carezze d’amore
a questo rinato suo corpo.


  1. Autore -Laura Margherita Volante
TUONA AMORE
Hai la forza
del vento
in una notte di stelle,
non insegui chimere,
cogli il volo
di un gabbiano smarrito
tra lampi
nel mare in burrasca
tuona amore
una voce: la tua.

Hai la forza
di un giorno
in pieno sole
quando spira
la brezza marina,
lidi infiniti
per questi piedi nudi
mentre cammino
l’onda spumeggiante
culla una dolce
ninna nanna,
ciottoli e sabbia
dalle tue mani
gemme preziose
per i miei capelli.



  1. Autore – Nelida UKMAR

IL TOTEM DELLA PACE

Imponente e schiva
presenza dagli occhi
grandi e senza bocca
perché non serve parlare
quando la bellezza
si esprime da sé.

Intorno solo pietre,
sul sentiero degli dei,
eterni custodi
di un mondo spoglio,
perché la verità
è nuda ovunque.



  1. Autore: ESTELA SOAMI

E . . . NOI

  1. . . noi siamo
solo
aliti di vento
soffi delicati
appesi ad un filo
siamo speranza
di luce
nel tempo che scorre
siamo il sogno
d’amore
dell’esistenza
siamo piccole foglie
dell’albero della vita
siamo granelli
di sabbia
e
fili d’erba
indispensabili
al grande disegno



  1. Autore: VINCENZO MONFREGOLA
RESISTERE
Vivo tra le macerie
di un disastro sociale,
l’abuso
mette in ginocchio la dignità dei miei sogni.

Scrivo il mio senso
sull’asfalto di ogni giorno,
la mia Resistenza
la impongo col silenzio.

Ho voglia di trovarmi
in quel mondo sconosciuto.

Il mio è un abbraccio umano
che conserva l’intera essenza,
ho bisogno del mio silenzio
per non perdermi gli occhi del bello
che rimane sull’asfalto di ogni giorno.


  1. Autore: SARA RODOLAO

Poesia adulti:














  1. Autore: LOMBARDI ANNAMARIA















  1. Autore: ANNAMARIA LOMBARDI

METAMORFOSI
Sul mio viso merletti di rughe,
righe scritte di storie,
sorrisi,sofferenze,
romanzo di emozioni
e sentimenti vissuti.
Indugia il tuo sguardo quando m’incontri,
ma non guardare la mia pelle,
il bastone che porto,
le mani che tremano,
il vecchio corpo piegato.
Vedimi nella profondità dell’animo
dove bambino gioco e vivo la gioventù
e abbracciami benedicendo il cielo
di aver potuto vedere la mia,
ma anche la tua, metamorfosi.




  1. Autore: GINO IORIO
Silloge adulti: CASERTA
IN CAMMINO TRA STORIA E POESIA
“A Caserta, che è stata la mia residenza per oltre un decennio, dove i luoghi scuotono le mie sensazioni e la storia nobilita il mio sapere.”

“INIZIO DEL VIAGGIO”
11Dicembre 2016 ore 17:29 –  bottega

SCENARIO

Il ponte di Ercole
e poi oltre, tra vicoli stretti
dove dimore borboniche
lasciano il segno di quella che fu
una grande comunità.
Strade vuote di notte
deserte o quasi.
Un cane che abbaia
come se fossi un intruso.
Una lucertola sale
lungo il vecchio muro di tufo,
si divincola tra i rami di una menta
cresciuta a mala pena
tra la calce e la roccia.
Persino un cappero sboccia nel muro
e una viola, un ciclamino.

Un ciuffo di rose selvatiche s’ammanta nella cinta
quasi a parlarmi di gioia e bellezza
e a chiedermi, implorarmi l’amore del luogo
dove brillò la storia e vissero principi e re.
Ora dorme inquieto,
calpestato, offeso
e mi impone
senza cruccio o vendetta
di avere rispetto.

2
15 Settembre 2016 ore 10:50 – bottega

CASERTA IERI E OGGI
Tu, Carlo di Borbone, con Vanvitelli e Collecini
desti lustro a questa città
con la Reggia e la Real Colonia di S.Leucio.
Tu, che facesti di questa terra la Campania Felix.

Ora mi guardo intorno
e sento scimmiottare rozzità che ti umiliano, mia città,
sorda indifesa  abbandonata,
che dai fasti di un tempo
sei portata a fare grandi i tuoi mastini,
ergere a gloria gli  ingrati
che lacerano le tue ferite senza saldare il tuo dolore.





  1. Autore: GIUSEPPE BURO

SONETTO ALLA LUNA
Chi non crede a niente non sei tu fiore mio
che da lassù scruti tutti i pensieri miei,
fammi innamorare anche se sono vecchio
cerca nei sogni, cerca per me amori persi.
Persi ogni speranza a non crede a niente,
anche senza ali ma con la forza del destino
accarezzai i giorni suoi, come un bambino
come un aquilotto tra le alte vette andai.
Andavo spedito lei faceva finta di niente non
le parlai e la persi si nascose alla luna come
per timore di perdere un sogno.
Sognai ella sorrise al vento gli parlai d’amore
e s’illuminò la sera a giorno non c’era penombra
nel suo sguardo c’era il sorriso a piene mani.
..

  1. Autore: ROSSELLA MAGGIO
Narrativa adulti: IL FIUME INNAMORATO
Sono l’invisibile, eppure sostengo il vostro passo. Insospettabile, faccio fiorire il mirto e l’alloro che vi accompagnano lungo i sentieri. Silenzioso, lambisco le radici della quercia reale, sorella oracolare di quella di Dodona, do respiro a quelle del leccio tanto amato da Ecate, che ama anche me, perché sono un fiume sotterrraneo. Mi spingo a piangere, insieme al cipresso elegante, sulle spoglie del favoloso cervo dalle corna d’oro che fu suo amore infinito ed eterno. Ma nessuno mi vede, Idume, colui che non visto vede, osserva, guarda in su. Colui che sa, perché ho visto e vedo, così mi chiamano.  Cosa so nemmeno io lo conosco con certezza, ma ugualmente vedo e so. Scorro e so. So del tempo che non torna e del tempo che mai fuggì. So dell’infinitesimo di un nulla e del sovrastarmi dei tronchi e del fogliame, delle rocce e delle zolle, fino ai granelli delle sabbie che mi narrano di conchiglie immemori dei secoli e dei millenni, dei fossili e del mare con il quale ad un certo punto non posso fare a meno di confondermi. Fratello di bacini, di arbusti, di fiori anch’io ho perso la testa per mia sorella Agua, che se stava felice a nutrire ogni cosa avesse vita.  Era dovunque io potessi posare il mio sguardo di non visto: nei germogli teneri delle margheritine, negli sterpi dolci di linfa chiara, nella densità di una zolla, dentro alla formazione minerale delle pietre. Spumeggiava poi lungo i lunghi vasi dei grossi alberi, dalle radici fino all’ultimo fronzuto rametto. Era ciarliera e dolce con tutti e tutto e sfacciatamente vivace con i fiumi più robusti di me, quelli capaci di risalire in superficie e scorrere impetuosi e vitali per chilometri e chilometri, di gettarsi vigorosi dai precipizi mostrando tutta la loro magnificenza, tutta la loro potenza. Quando poi emergeva come il limpido sudore del piacere dalla superficie verde di una foglia, mi faceva impazzire dal desiderio.  Se intrideva un pugnetto di polvere e ne estraeva, come per miracolo, un bocciolo delicato per me e per tutto l’universo era il delirio dei sensi e anche quello dei non sensi. Degli umani, poi, non aveva pudore anzi li animava dentro ogni poro e cellula, preziosa e docile come solo una regina sa essere. Ho chiesto aiuto ad Apollo che ancora oggi si fregia dell’alloro in cui si cela la sua Dafne, e quello mi ha risposto lapidario: “Ciò che vedi, è “. Ciò che vedo è un inseguimento continuo. Mi sono spinto a interrogare una pianta di mirto e quella mi raccontato di quando si chiamava Mirsyne e venne uccisa da un giovane che le inviava la sua vittoria in una gara. Atena, avendone pietà, l’aveva trasformata in un profumo che aveva messo radici, diventando un arbusto odoroso. Questo era stato mandato ad adornare il pube di Venere e vi sfido ancora oggi a dirmi, chi de due sprigiona il profumo più invitante.
Ho chiamato in soccorso un intero lecceto, che in coro mi ha mormorato una nenia antichissima di notti e di giorni, di luna e di sole, di luce e di ombre, dove una mia immortale e perennemente giovane antenata, Clorofilla, da sempre domina incontrastata su tutto ciò che cresce su questo pianeta.  Per inciso sono entrambe, Mirsyne e Clorofilla, più che grate ad Agua perché senza il suo aiuto costante manco loro potrebbero fare a meno delle rughe.  Ecate mi è poi venuta in sogno per dirmi che i suoi cari lecci mi avevano così parlato della vita e della morte e di una rinascita continua, ma che io, che pure vedo e so, sono però rimasto sordo a tutto questo, preso come sono dalla mia smania di possesso. Ho, in una notte di luna e di disperazione, avuto l’ardire di parlare agli uomini e di interrogarli sul come e il perché dell’amore che dicono di provare tra loro. Uno, per farmi dimenticare la mia Agua, mi ha presentato uno schianto di ragazza, Parola. Era bellissima ed eterea. Solo che non stava zitta mai, nemmeno quando tentavo di baciarla. Un giorno che nel folto di un querceto le scorrevo sotto i piedi, mi ha tirato quasi fuori dal mio alveo per guardarmi meglio e mi ha trovato troppo trasparente. Ho detto “Sono puro”. E lei, che in fatto di loquela è imbattibile, mi ha subito convinto del contrario chiamandomi fangoso. Non sto a dirvi l’amarezza che provai tanto che Quercia madre mi pianse addosso tutte le sue ghiande e singhiozzando riconoscente le raccolsi nel mio grembo morbido e fluente per restituirgliele un giorno come alberi. Agua intanto, neanche a parlarne, se ne era andata così lontano da andare a gonfiare le nuvole in cielo. Prima o poi sarebbe tornata, lo sapevo. Non poteva fare a meno di me: doveva solo rendersene conto, la sbarazzina.  Però, nel frattempo che tormento, che tedio, che dolore!
Sono così finito svenuto sotto le radici di un ulivo millenario. Senza volerlo gli ho fatto il solletico e così, incuriosito, ha cercato di afferrami lì sul fondo del mio fondo, appena un attimo prima che decidessi di infilarmi in qualche crepa di precipizio e finire dritto dritto a farmi prosciugare dal cuore infuocato della terra.  Ma l’immenso amore del vegliardo mi raccolse e mi condusse, cullandomi in una pace misericordiosa, per il solo attimo che bastava, a vedere la luce. Lì, mezzo stordito, sostai e nel rovescio argentato di una foglia e Agua, che stava per uscire da una nuvola, mi vide. Sapemmo, allora. Tutto quello che io so e che lei sa, lo sapemmo insieme. Che eravamo fatti l’una dell’altro, che a nulla valeva rincorrersi o scappare, che mai niente e a nessuno ci aveva diviso o avrebbe potuto farlo. Allora, proprio come una dea magnifica e generosa, lei scese dal cielo a confondersi insieme a me con la terra, nutriente e giovane, torbida come me e limpida e fu, come sempre, la vita.
Gli ulivi, come vedete, sono tanti…….

  1. Autore: DOROTEA MATRANGA

“SE UN FIORE NASCE…”
Se un fiore nasce
da una crepa nel muro
dove la vita diventa coraggio….
Se un fiore cresce
dove c’è solo un filo di terra
e sfiora appena il piccolo cretto
dove un seme germoglia per caso
dal soffio del vento con cura portato,
e trova la strada del sentiero ribelle
come se fosse un prato….
Se un fiore sboccia
nella ruvida roccia,
dove all’uscita lo attende
una misera goccia sbandata,
e lo innaffia come se fosse pioggia,
pure la Pace ha la speranza
di trovare un sentiero pacato
tra i rovi del mirto e il filo spinato,
tra i sassi del greto e il campo di Marte.
Pure la Pace dalla trincea
dal seme può nascere per panacea.
Figlio illegittimo della discordia,
il germe infingardo per la zizzania,
la culla trova tra la verzura
nel verde prato del campo minato.
Siamo fratelli dice il soldato!
Basta le guerre, mi sono stancato.

Da sempre l’odio ho nutrito per questo fratello,
basta portare il pesante fardello.
Abbasso le armi, stringiamo le mani.
Dalle catene lo schiavo è innalzato.
Non più le guerre, un lavoro forzato.
Da ovest ad est l’umana progenie,
la stirpe, l’eletta del seme bonario si stringe per mano.
Ovunque si trovi, che sia monte o sia piano,
che sia figlio di re oppure di schiavo,
che sia nero di pelle oppure un indiano,
che sia di questo, oppure di quel credo,
io credo nell’uomo, nella Catena che progetta salvezza.
L’inizio del  tutto da una carezza.

  1. Autore: GIOVANNI MONOPOLI
L’ULTIMA CANZONE

Stringe la debole mano di meraviglioso uomo
accarezza le affusolate dita d’una grande persona
mentre leggeri polpastrelli scivolano dolcemente
e umidi occhi muti a osservare sono silente agonia.
Una fievole luce illumina il viso, labbra mute contorna
vecchie, stanche membra sul nido d’amore
di tempo ne è passato, memore affiora, adorna
di quell’essere la vita, l’essenza, l’eterno calore.
Una solinga stella immobile giace, lì riposa,
l’anima attende con debole soffio la sua ora,
accarezza ancor la mano l’amabile sposa
all’intono di quell’ultima loro canzone.
Note bisbigliate nella fredda stanza… il risuono
di musica ad addolcire l’eterno riposo
piange l’amata per quell’ultimo respiro
tenendo per mano di quell’amore ancor il filo.
Un attimo, un attimo, non vuole arrendersi
e poi… e poi ecco con gli occhi lui sorride, la vede,
ella è lì tanto vicina col suo sguardo mai perso
le porge ancora una carezza, un fugace bacio
mentre furtiva una lacrima scende al rintocco.
Dall’adorata amata un ultimo bacio
con le palpebre di lui pian piano a chiudersi,
mentre silenziosamente ella sussurra “il vedersi presto”
e con un abbraccio saluta il suo adorato amato
mentre si spegne la luce su di un grande amore,
sulle note della loro ultima canzone.



  1. Autore: ANTONELLA LA  FRAZIA
L’ ASSENZA

L’assenza,
come un profumo nell’aria,
si spande,
nel vuoto profondo
di queste due stanze.
E come un profumo
mi sfugge.
Lo colgo appena …
Lo perdo.
L’assenza,
come parole
che tornano indietro
dai giorni passati
e schioccano forte,
fra i muri
e il soffitto,
inghiottite dal cuore.
L’assenza ritorna
a mordermi dentro.
Precipito in questa
tua algida assenza.
Alle mani
tu manchi di più,
afferrarti la cosa più dolce.
Sei andato col vento
di sera,
seguendo la notte
e le stelle.
Sei andato
come le rondini
e come la neve ad aprile.
Senza volerlo
sei andato in silenzio.
Nel freddo del letto mi perdo.

  1. Autore: YULEISY CRUZ  LEZCANO
ATOMI INVISIBILI
Sappiamo nuotare nel vuoto
del sole che trema senza fiamma,
riconosciamo l’amore
nel palpito di una stella lontana,
sospiriamo nell’alta erba mossa dal vento
e ci perdiamo nel firmamento
quando vediamo ondeggiare una farfalla.
Cogliamo i fiori che crescono nella strada,
ma non sentiamo i rumori arrivati
da luoghi dove il sole non penetra,
dove il suono non giunge,
luoghi confusi con la misera terra
persi in quel giro di mondi
immerso nella guerra
che l’occhio non abbraccia.
Dei mondi ricolmi di dolore,
non riconosciamo la traccia,
siamo come uccelli che dormono nel ramo,
aspettiamo che il dolore ci scorra lontano,
come un mucchio di atomi invisibili
che non riesce a toccarci.





  1. Autore: TINA FERRERI TIBERIO
NOI, I RAGAZZI DI “SHANGHAI”
All’improvviso un pensiero,
trasale il mio cuore!
C’era un tempo in cui
ogni domenica mattina
animati da forti e puri ideali
i ragazzi di “Shanghai”
su una collinetta si spingevano.

Si colorano di cielo e di luce
i ricordi sfumati  attutiti

Da lassù incessantemente
lo sguardo amoroso
del sole cingeva fanciulli
nell’incanto persi.

“Shanghai”, un quartiere popoloso
rischiarato
da un infinito e aperto spazio
il cielo toccava la terra!

I respiri vuol ritrovare,
il cuore si ferma.
Tutt’intorno  una grande  distesa di prati,
una luce sempreverde
attraversava la strada, interminabile.
L’aria  anche d’estate era
pungente e  rarefatta.

C’era un tempo in cui
ogni domenica mattina
i ragazzi di “Shanghai”
su quella collinetta tornavano,
si riempivano di luce e davano
armonia alla terra, al sole, al cielo.

La parola di Dio,
masticata ad una ventata
di entusiasmo e di fresca giovinezza,
affidata era ad un’aria
mordace, trasparente e pura.

E Noi, i ragazzi di “Shanghai”
in cerca del sole, dell’ aria,  del cielo.

  1. Autore: PAOLO MIGGIANO
Narrativa adulti: L’INVISIBILE
Nome, Giancarlo. Cognome, Siani. Età, 26 anni. Studi, maturità classica, sessanta/sessantesimi. Professione, giornalista. Anzi, no! A dire il vero, un invisibile aspirante giornalista, abusivo, corrispondente da Torre Annunziata, per il Mattino. Giornalista, redattore, con un contratto, solo da morto. Prima di allora, uno “schiavo”, come è ironicamente scritto sul cartello attaccato dai colleghi alla sua scrivania e che ora nessuno ha il coraggio di rimuovere. Giancarlo Siani, in vita, è solo un ragazzo, che in maniera abusiva cerca di fare il giornalista. Da morto, ma non proprio subito, con il tempo che c’è voluto, si è trovato conveniente farne un martire!
Si muove, veloce, tra Napoli, Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, con una piccola e strana automobile, spoglia, scoperta, senza sportelli né tettuccio. A petto nudo, vento in faccia, senza coperture né vetri blindati ed una determinata e forse inconsapevole sfida ai clan, con uno sguardo sempre attento a certi politicanti, che con la camorra brigano.
Giancarlo ora è un aspirante giornalista, quasi un giornalista ed è consapevole – lo vuole con forza, con determinazione e serietà – che da grande sarà un giornalista. E per lui fare il giornalista significa vedere, ascoltare, registrare riportare la voce degli operai, degli anziani, degli studenti, dei pensionati, dei disoccupati, dei commercianti ed anche dei tossicodipendenti. E, qualche volta, in punta di piedi, significa dire anche la sua opinione, prendere posizione. Ed incomincia a sapere che, soprattutto parlando di contrabbando, di droga, di camorra e de rapporti tra politica e camorra, bisogna saper leggere, interpretare e giudicare i fatti. Ed è così che diventa un giornalista di frontiera, un giornalista scomodo.
Un giovane giornalista precario, che con la sua Méhari, armato solo di taccuino e penna a biro, si avventura nella notizia, la raccoglie, mette in relazione i fatti, scrive, svela segreti, li racconta dal di dentro. Parole, racconti, narrazioni che sollecitano la coscienza della gente.
Una produzione giornalistica, la sua, composta da centinaia di articoli. Seicentocinquantuno, per l’esattezza. Una poderosa produzione nei numeri, ma anche una letteratura possente nei contenuti, se la si riferisce all’età in cui a Giancarlo Siani sono stati strappati dalle mani penna e taccuino. E sono articoli su molti temi scottanti del tempo, attraverso i quali, se ben li si analizza, ci si accorge che quelli di allora sono i temi di oggi: lavoro, scuola, tempo libero, disagi sociali, degrado urbano ed ambientale, politica, camorra, immigrati, spaccio droga, cronaca nera. Cosa è cambiato in più di trent’anni? Poco, molto poco ed a raccontarlo non c’è più quel ragazzo che batteva i suoi articoli sui tasti della sua Lexikon 80 dell’Olivetti. Una macchina da scrivere storica, che oggi è esposta, tra le tante macchine da scrivere di un tempo, al Museo della Macchina da scrivere di Milano. E allora immaginiamoci una Lexikon 80 con i tasti lucidi, senza la polvere del tempo, immaginiamoci Giancarlo che in una stanza del suo giornale stia ancora battendo su quei tasti, che stia mettendo in relazione i fatti, che li stia connettendo e che ce li stia raccontando.
Sì, immaginiamo che Giancarlo Siani sia ancora lì, che con il suo amico Irlando (si chiama Antonio, ma per me, da quando siamo diventati amici, il suo nome è solo Irlando, che in realtà è il suo cognome n.d.r.) corre veloce per le strade di Torre Annunziata con la sua Méhari, che ogni tanto, come un cammello, sobbalza per le strade polverose di una provincia insanguinata e che si ferma davanti alla stazione dei carabinieri, per conoscere, per sapere i retroscena dei fatti. Immaginiamo che un ragazzo, dall’aria un po’ impertinente e sfrontata, ponga domande imbarazzanti ai politici senza scrupoli, che non apprezzano quelle che più danno fastidio. Immaginiamo questo ragazzo, che non è ancora un giornalista, rincorrere le notizie. Immaginiamo che le trovi, le verifichi, le metta in relazione e le scriva. Immaginiamo le sue dita veloci battere sui tasti e che dal rullo della sua Lexikon escano centinaia di pagine. Seicentocinquantuno articoli. Questi:
–  246 che affrontano il tema del lavoro;
  • –  44 che parlano dei problemi della scuola;
  • –  31 approfondimenti sulle questioni del tempo libero dei ragazzi in particolare;
  • –  13 che approfondiscono i disagi delle persone che non hanno una casa;
  • –  29 che parlano delle questioni concernenti la viabilità;
  • –  24 che approfondiscono i temi del degrado ambientale e urbano;
  • –  22 che analizzano i complessi temi della politica;
  • –  61 che affrontano il pericoloso tema della camorra;
  • –  111 che ci danno conto della cronaca nera;
  • –  70 che si soffermano su altri argomenti.
Sono numeri che dimostrano quanto Giancarlo Siani sia un giornalista che si occupa, sin dall’inizio della sua breve carriera, dei problemi sociali dei cittadini. La camorra entra con forza all’interno delle sue inchieste, per il ruolo dominante che ha avuto ed ha nella società di Torre Annunziata e non solo.
Il giovane Giancarlo scava nelle notizie, mette insieme i tasselli, decodifica, svela le complicate trame criminali, scoperchia gli intrecci tra politica, camorra e imprese, che, ora che sono arrivati i quattrini della ricostruzione del post terremoto, diventano sempre più perversi.
È bravo Giancarlo, è coraggioso, si documenta, indaga, ma non siamo proprio convinti che sappia quanto stia rischiando. Lui vuole solo fare il suo mestiere, il giornalista, ma si occupa e scrive di gente che ha messo le mani sulla città, che è anche serbatoio di killer spietati, che non hanno pietà quando sparano.
Ed un giornalista con la sua passione, un ragazzo con i suoi ideali, non può tacere quando, una domenica di agosto, gli scagnozzi di Carmine Alfieri e di Ferdinando Cesarano, per conto dei Bardellino, arrivano dentro un autobus che ha esposto il cartello “gita turistica”, armati sino ai denti, davanti al circolo dei pescatori di Torre Annunziata e fanno un massacro: otto morti e sette feriti, alcuni anche innocenti. Una carneficina, una strage – la chiameranno di Sant’Alessandro – che ha come obiettivo Valentino Gionta ed allo stesso tempo è un messaggio destinato al camorrista/mafioso Lorenzo Nuvoletta di Marano, con il quale Gionta è alleato.
Coglie nel segno, Giancarlo, quando ipotizza che l‘arresto di Valentino Gionta, avvenuto nei pressi di Marano, può essere il frutto di un accordo tra i Nuvoletta e i Bardellino, per mettere fine alla faida in corso. Ipotesi che presto gli costerà la vita.
Immaginiamo che Giancarlo Siani sia ancora tra noi e che ci stia informando sulle fasce deboli della società, che ci stia raccontando degli emarginati, di quelli che non hanno voce. Che ci fornisca un’inchiesta dettagliata sul mondo del lavoro, sulla precarietà dei giovani. Immaginiamo che possa essere un cronista di oggi e che nei suoi articoli rilevi con enfasi le ingiustizie sociali, i soprusi dei violenti. Che si guardi intorno e racconti del degrado urbano e civile delle nostre città e delle incapacità delle classi dirigenti di governarlo. Che all’indomani dell’ennesima strage di camorra si interroghi sul perché tutto ciò accade. Che ci riporti ancora il pensiero di quel giovane che, pensando al suo futuro incerto, ancora si chiede: «Come è possibile pensare di costruirsi una famiglia in un ambiente dove la presenza della camorra è soffocante…?».
Ed allora ecco che Giancarlo è lì, nella sua piccola stanza al giornale, in quei giorni di un dannato settembre, che scrive l’ultimo articolo prima di essere ucciso. Un articolo che oggi scriverebbe allo stesso modo, perché le stesse sono le dinamiche ed identici i protagonisti, il medesimo l’argomento, la droga ed i mille modi per trafficarla, per spacciarla, per ridurre migliaia di giovani protagonisti del loro annichilimento a strumento per l’arricchimento delle mafie. Ora, al tempo di Giancarlo, il contrabbando delle sigarette ha cambiato faccia (anche i motoscafi per trafficarla hanno cambiato colore, da blu sono diventati beige e marrone) e piano piano finisce per lasciare il posto ai traffici più lucrosi dell’eroina e della cocaina. E Giancarlo ci parlerebbe dei ragazzi minorenni che lui chiamò “muschilli”, ci racconterebbe che oggi quei bambini, “forzati della droga”, si sono moltiplicati e che – oggi come ieri – è difficile dire quanti siano, azzardare una statistica. Attento lettore degli avvenimenti, continuerebbe a narrare delle centinaia di bambini, già senza futuro e non imputabili, impiegati nella confezione e nello spaccio delle bustine e dei sofisticati e perversi meccanismi per consentire alle bustine di giungere a destinazione.
Le sue dita battono ancora sulla tastiera – che non è più quella della vecchia Lexiko – ed il pezzo va chiuso. Va chiuso con un richiamo non solo agli intrecci tra camorra e droga, al malessere, al degrado, all’abbandono dei quartieri delle città, alla carenza abitativa, al lavoro che non c’è, agli ospedali che non curano, ma anche alle promesse fatte e non mantenute. E allora immaginiamolo che ricordi che in passato qualcuno aveva promesso una “zattera” per quei ragazzi che si drogano e che lui di quella promessa ne aveva scritto tre anni prima. Lo ricorda e lo riscrive, rimproverando quei politici che avevano promesso a Torre Annunziata una “zattera” e che ancora non l’hanno realizzata, mentre si continua a morire, a morire di droga. Tante chiacchiere e nessun fatto concreto!
Ed ora che ha terminato di scrivere il suo ultimo articolo, non può non rivolgere un pensiero alla sua città, a Napoli, alla sua terra, alla sua gente, che per colpa di quelli che il suo maestro Amato Lamberti chiamava lazzaroni, è finita per godere in tutto il mondo di una fama che in tanti non meritano affatto. Ed è triste per un ragazzo di 26 anni, con tante aspirazioni, pensare che la sua Napoli, per colpa di questi lazzaroni (delinquenti, disgraziati, mascalzoni, farabutti, canaglie, furfanti, manigoldi, lestofanti, ma anche assassini, rapinatori, spacciatori, scippatori, finanche politici corrotti), sia diventata la città della camorra e della guapparia che non è più neanche quella rappresentata dalle commedie di Mario Merola, ma si sta facendo imprenditrice. Una camorra che spara, ma che si muove anche con disinvoltura nelle attività industriali e pronta, nel mangia mangia generale, a mettere le mani sui miliardi delle risorse comunitarie. Una camorra che allo stesso tempo controlla le piazze di spaccio, il commercio ittico, il racket e le stanze del Comune.
Immaginiamo che questo ragazzo, dallo sguardo mite a dalla serena determinazione, sia assorto in questi ed altri pensieri e risponda ad una strana telefonata che finisce per turbarlo, inquietarlo e che poi dallo stesso telefono chiami il suo maestro e gli dica che ha terminato quel lavoro, quell’inchiesta su cui sta lavorando da tempo. È un libro – dossier, con tante foto e tante notizie, che nessuno ha ancora pubblicato. Si intitola Torre Annunziata un anno dopo la strage ed è roba che scotta, materiale inedito che può scoperchiare altri verminai. Un dossier che, come accade in molte delle vicende oscure italiane, sparirà nel nulla. Misteri d’Italia! È già accaduto qualche anno prima al dossier inviato al Ministero dell’Interno dal capo della squadra mobile di Napoli, Antonio Ammaturo, e mai giunto a destinazione. Stessa sorte subiranno, qualche anno dopo, le carte che il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa custodiva nella cassaforte della prefettura di Palermo. Anche dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, con annotazioni preziose, si sono perse le tracce.
Giancarlo ha terminato la sua giornata faticosa e piena di preoccupazioni. Scende dal giornale. Sale sulla sua Méhari. Infila le chiavi e dà starter. Il motore, come sempre, si avvia al secondo colpo. Poi, capelli al vento, su per la ripida salita che lo porta verso casa. Ha già nelle orecchie le parole di una canzone di Vasco Rossi: E ogni volta che viene giorno/ogni volta che ritorno/ogni volta che cammino e mi sembra di averti vicino/ogni volta che mi guardo intorno […] e già si vede con la sua ragazza sugli spalti dello stadio San Paolo ad ascoltare la musica del suo cantante preferito. Arriva sotto casa, ferma la Méhari. Non fa in tempo a guardarsi intorno … e non può neanche rimandare tutto a domani

Autore: MIRANDA PATELLI

SEI TU LA MIA POESIA
sei tu la mia poesia
sei tu il pensiero che corre
in me e non ti lascia andar via
sei tu quel qualcosa che sento
e che la mia essenza brama
sei tu la mia certezza
sei…ed io ti voglio cosi
per non lasciarti andare
per non perderti fra le strette vie
della mia mente




  1. Autore: TERESA LANNA
AUTUNNO

Su tappeti di foglie autunnali
giacciono sogni ormai infranti
Di quel colore che scelsi
appena qualche venatura
Era un verde speranza
ora pallido e confuso
col marrone di quelle foglie secche
e il giallo che muore
tra questa e la nuova stagione
Mentre quei sogni d’un tempo
si vanno accartocciando
insieme a quelle foglie cadute
e via via disperse
dal freddo vento
delle speranze perdute.


  1. Autore: FLORA CASTALDI
Poesia adulti:  ” La Terre”
Du premier lait au premier baiser
Douce  maternelle     sereine  substantielle
Maîtresse du nombre un    elle enfante    elle  nourrit
Elle nous donne   et nous reprend la vie

Poesia adulti:  ” Le retour du Printemps ”

Devant l’hiver la vie bourgeonne
Déploie ses ailes … exubérante vagabonde,
Elle offre aux regards étonnés
Le monde en devenir







  1. Autore : ANTONIO LASIA
AMMENDA
(expugnatio)
Amor fugace di un meriggio d’agosto
Più non appari agli occhi miei
Amor che dato, e non corrisposto
Questa è cagion per esser rei
Che con lusinghe preso ho il suo posto
Dacchè serbato già era per èi
Or che rimembro l’attimo fuggente
Sui passi miei tornar,viene alla mente

(molestiam hàbère)
Un duellar continuo porto meco
Sospinto da lussuria è il mio desìo
Del suo sembiante forte giunge l’eco
Nell’impari battaglia è il core mio
Nell’eden un momento esser teco
Non stare più a dimora nell’oblìo
Il mio baluardo a quest’assalto cede
A dura prova messa è la mia fede

(requiesco)
Sano principio ai sensi miei ritorna
Dona coraggio alla mia debolezza
La tentazione lungi da me storna
Perché d’inganno intorno lei olezza
Or che il senno a nuovo già mi orna
E solida rende l’innata mia fermezza
Vorrei ai posteri dar aulico esempio
D’aver perenne rispetto del tempio

  1. Autore : GIOVANNA AZZARONE
MENTRE TI STO ASPETTANDO

Mentre ti sto aspettando
sento il mio cuore battere,
ascolto i miei pensieri
vividi e palpitanti,
che mi portano lontano,
assaporo a fondo
freschi profumi
di iris e narcisi,
rivivo momenti e sensazioni.

Là sul ramo una capinera
sommessamente intona
il suo canto argentino…
e io attendo sospirando
il tuo ritorno…tu…
Primavera nell’aria
e nel cielo della mia vita
che si smarrisce lontano da te.

  1. Autore: MICHELE MELILLO
LA RIVA DEL MIO MARE

Ogni notte mi siedo sulla riva di un immaginario mare
E lì serpenti e malignità vedo passare
E nella totale indifferenza
In quel mare lascio che naufraghino

Maldicenze e cattiverie
Lascio scorrere via
E scivolare
Sulla mia pelle corrosa dagli anni

Fiero delle mie rughe
E dei pochi capelli un po’ più bianchi
Fiero che la parola vendetta non mi appartiene
E di essere sempre e solo me stesso

E domani un nuovo giorno
Si innamorerà della sua nuova alba
Ed io continuerò a camminare fra le nuvole
Circondandomi di sogni infiniti!


  1. Autore: MICHELE  NAPPA
Silloge adulti:  –VOCI DEL CUORE E DELLE COSE
N.1 – IL VOLTURNO –
Il Volturno,
velato di nebbia,
scorre lento e placido
nel mattino deserto
del primo autunno,
segnato  da foglie
gialle ed  arse.
Rotolano come ricordi
sul sentiero della vita,
trafitta dal tormento
o allietata dal grande amore
che parla sempre per due .
Il Volturno ,avvolto nel silenzio,
si perde nel buio della sera.

N.2 – AMORE ESCLUSIVO –
E’ del cuore
l’amore più acceso,
più vibrante,
più sentito,
più atteso e desiderato.
E’ del cuore
l’amore più tenero,
più generoso,
più rapinoso,
più risorgente ed invocato.
E’ del cuore
l’unico grande amore
che vince la sorte avversa
e i tormenti dell’età solare .


  1. Autore: AGOSTINO SECONDINO
. MEMORIE
Memorie di cupi silenzi,
cadute nell’ombra grigia,
pulsano in ordine d’essenza.
Visi stanchi, occhi tristi, scialbi
sorrisi,  sogni sopiti e  parole
non  dette, rughe d’affanni
sgombrano polvere al passato.
Nel cielo stelle smorte feriscono
silenzi e riempiono il vuoto.
Lasciate che, trigone, nell’ansa
di cirri lontani,  possa vivere accanto
alle mie memorie in nuove dimore
note soltanto al Signore.

  1. Autore: ANNA  CAPPELLA
RUGIADA AL SORGERE DELL’AURORA

L’onda dei pensieri fluida scorre
in un effimero senso di pace.
Ti soffermi nell’antro di un istante
a cercare nel passato il perché
di un presente senza tempo,
fatto di giorni bui, tutti uguali.

Ti senti pervadere dalla tristezza,
dall’angoscia, dal senso di vuoto:
un groviglio caotico che risale controcorrente
le rapide dei dubbi
e dei preconcetti annessi.

Fili invisibili nelle mani
che tramano il tempo
ed evocano un futuro
che non sfugge al presente,
ma guarda al passato
con la sua stessa logica.

Allora, invochi quel palpito,
quel sospiro di vita,
la sorgente, l’essenza,
il senso di questa esistenza: l’amore.

Intanto, la notte già bussa alla porta
e mette a nudo un’anima illusa,
forse delusa  e tanto confusa
per vestirla di sogni e speranze.

Ed in questa primavera
lenta scende una lacrima:
rugiada su un fiore rinato
al sorgere dell’aurora.

  1. Autore: LAURA PAVIA
E’ SILENZIO IL RUMORE DELLA NOTTE

E’ silenzio il rumore della notte
su questa riva: indugio attraverso
i cieli e le carte su parole,
tra ombre e vaghi pensieri,
lasciando sul fondo di questa
marea la materia delle cose.
Sfioro le acque incontrando l’anima,
inquieto giunco, mentre sfoglio
la notte tra reti di stelle e brilli
riflessi, quando i rovi della luce
lasciano gli abissi della coscienza
e resta al bivio d’ogni umana via
lo sfioro abbaglio della luna.


  1. Autore: MICHELE LA  MONTAGNA
IO SONO LA POESIA

Vengo dal seggio di Dio,
sono la voce del silenzio
che irrompe in parole mai pronunciate,
carica di emozioni mai espresse;
porto lo stendardo regale
dei sentimenti reali,
incedo per nuovi mondi
svelando altre dimensioni;
stillo gocce di speranza
incorniciando i sogni,
sono il respiro dell’ anima sensibile,
una forma di carezza;
abbraccio la gente di ogni colore,
abbatto la barriera dell’ emarginazione
costituendo un’ unica bandiera.
Sono l’ incanto,la suggestione,
la pergamena raschiata,
il libro tarlato,l’ incisione…
io sono la poesia!

  1. Autore: PASQUINA FILOMENA

STESSO RESPIRO DEI SOGNI

Ogni tanto il mare ha bisogno di me.
Mi siedo su uno scoglio e rimango in silenzio.
La mia anima vibra,
la mia follia urla,
il mio corpo canta.
Lo avvolgo così in un abbraccio delicato.
Voglio proteggerlo dal mondo,
e scivoliamo insieme
…nello stesso respiro dei sogni.


  1. Autore: ANNA  PARILLO
SOGNO D’ESTATE

E quando
il dolce suon
di primavera
non rincorrerà
più il canto
della rondine,
incederà l’estate
lungo i riflessi
d’un sogno.
Bramosia d’amore
sarà
nell’afa azzurra
d’un pensiero
tra il frinir
di grilli e di cicale.
Sorrisi di corolle
schiuderanno
emozioni e noi
inseguiremo
l’ora del tramonto
respirando il flutto
di un vento innamorato.
E ci ameremo
come papaveri rossi
e fiordalisi
tra fili di grano maturo
nella fiamma di
una luna vagabonda.


  1. Autore: CAPORICCI BARBARA

FUOCO NEMICO

Inquieta è la notte
un uragano si è appena abbattuto
nel cielo infuocato.
Ha acceso la luce e squarciato il suolo
ha bussato tremante all’anima
arrestando il cammino smarrito.
Purtroppo lo squarcio ha fatto danni
e irrimediabilmente ha posto condizioni.
Tu, angelo di Dio, dai conforto ai più deboli
il tuo giorno non è mai uguale
ti ritrovi sommerso nel fango e polvere
e col sorriso
ricordi che la vita è una metà
di angolo di cielo disegnato per essere vissuto.
Combatti per l’umanità
Combatto per essere fango e polvere anch’io
e così, al tuo fianco, con ammirazione
cerco nella mente le parole
che non ti ho detto
mettendo a fuoco l’onore
di essere al centro del tuo universo.

PACE

  1. Autore: DIANA  TOSIC
ЗАВЕТ
  1. мај 1457.
Рудник
Кћер Мару сам удала. Дала. Поклонила. Бар сам се потрудила да Турчину децу не рађа. И синове сам им дала, зарад мира и благостања народа. За народ, а још ме туђинком зову. Зар нисам и ја њима дата, туђинцу поклоњена? А заволела га и децу му родила, лозу продужила, наследнике трона узгајила. Опет, зарад мира и дворског опстајања. Још увек ме испод ока гледају, видим. Чак ме и проклетом зову, чујем. Као паук мрежу, плету приче да ћу у зидине Смедерева тражити живе да узидају, као Скадар да градим. Још се на помен Бранковића читају гнушања на лицима старих, као да историја нема два лица.  Нисам то ја, није то моје проклетство. Као принцезу ме довели, три дана венчање ми славили, лепоту у песму преточили, а опет на крају за сво зло мене окривили.
Надвише се отоманске аждаје на ово мало преостале деспотовине, покушах да најрођенијим даровима њене чељусти напуним. Не беше довољно. Као да ми деца плаћају за нерешену битку на том пољу где две велике главе падоше. Одбацише нас Угри, велики владари и рођаци. Сви најмом мир склопише, ми дадосмо најмилије, па опет не беше довољно. Колика ти је глад, змијо зелена, гаврану црни? Језа ми тело обузима када видим да си вечеру тек почела, царевино велика. Раскомадаше твоје челичне руке све оно што су некада већи од тебе саставили, у миру, у слози, Божијој вери. Опет нам, Освајачу, нови данак тражиш, помоћ ускраћујеш, савезнике и децу на своју страну слатким речима одузимаш. Децу ми ослепи, ни глас не дигосмо. Рођени ми отац врата затвори јер српски народ и престо желим да заштитим. Немања, Свети Саво, Душане, видите ли потоке црвене од меса вашег рода. Остах сама на зидинама овог летњиковца, да оплакујем, да праштам, опрост да тражим, завет да дам. Да пренесем оно што видех, што научих. Да се питам колико је добра потребно да се зло победи? Или је ипак једино оружје против злобе она сама у већим количинама? Ти, што, можда пронађеш, моје последње речи, упамти да зло никада није црно или бело. Оно је представљено у најразличитијим нијансама сиве.
А Бог зна, колико сам народ српски волела и све их као своју децу гледала. Колико сам само свећа непријатељима запалила, да их Господ умилостиви и скрене са нашег друма. Молила сам и молим за опрост, што сам морала кћери да ускратим могућност мајка једног дана да буде. Нисам могла да дозволим да роди оног који би њен народ наставио да коси. Молим за опрост и што сам мрзела судбину која ми је додељена, а нисам знала да ми је дата лекција да буде, да некоме пренесем оно што мора да се зна.
Нисам децу тој мржњи учила. Немој ни ти, читаоче усамљени. Није то лек, није то излаз. Не знам које су године сад код тебе, али нису деца других крива за грехове праотаца, па своја чеда не учи да по томе другима суде. Све нас боле ране из старих дана, увек ће ожиљци крварити, али никада не суди и не криви на рачун тога. Мржња није наша, дата нам је.
Упамти, дете моје, земља ће увек бити жедна крви, гладна бола и туге, али можеш је заливати и хранити љубављу. Трава ће бити зеленија, цвеће мирисније. Исувише је ова земља ратовала, превише палих бораца и суза мајки, кћерки и нељубљених девица је просуто по њој. Небројано домова у црно завијено. Сви ти узалудни ратови у којима се не знам чије смо дугове враћали и плаћали. Срце ми је у грудима пуцало слушајући губљење јединог чеда уцвељене мајке. Свет није коцка у којој се играш са животом или смрћу. Залутали читаоче, не дозволи да се вода затрује, земља изроди плодове неслоге и неразумевања.
Границе су само линије које великаши цртају на бојним картама. Бриши их, нису потребне. Уједини реч и веру. Пружи помоћ и љубав незнанцу, јер исти смо сви. Не куни и не мрзи. Грешна сам и сама, не схватих то на време. Пронађи мир у себи, па га пружи другима. Људи су сурови јер се боје, па као оружје бирају зло. Зло је, чедо моје, привлачно и блиско човековој природи. Потри вазалства, никоме нису потребна. Пут ка љубави и доброти је тежак, треба се много мучити и много трња у табане забости. Али то је једини исправни пут. Буди попут воде. Она је та која увек иде право, никада се не осврће уназад да би видела ко пије из ње. Мудра је, јер препреке заобилази, јака је, јер и камен разбија. Воли, чак иако треба да се изложиш цео, да заборавиш све неправедно, превазиђеш себе, свој понос и пркос. Воли, јер ће строструко бити враћено. Највећи губитак ће бити ако дозволиш да ти за живота умре оно што би требало да живи у теби, јер више нећеш имати то другима да пружиш.
Праштај, и научи друге да праштају, јер ћеш само тако Господу моћи на крају опрост да затражиш. Не гледај у прошлост, она је тамнице из које излаза нема. Буди отвореног ума и срца, прими у њега свакога, ко је вољан да ти с љубављу приђе. Буди човек.


  1. Autore: ALESSANDRA FERRARA
LE COSE CHE AVEVO

E penso a tutte le cose che avevo
Solo che allora non lo sapevo
Sogni, speranze, segreti progetti
Ho perso le chiavi di quei cassetti
Ho perso i miei dischi,
i miei libri e gli appunti
le buone intenzioni,
gli impegni assunti.
Sono rimasti bloccati indietro
Li guardo sbiadirsi in un ricordo di vetro
Fragile e denso,
freddo e appannato
ma se allungo la mano
mi sta già sfuggendo
in un vago passato.
E penso alle cose che lì ho lasciato
I trucchi nel bagno
La radio in cucina
E il tuo pigiama
Sul mio cuscino.
Brucia pensare alle cose avute
Ma già da tempo le avevo perdute
Solo che allora non lo sapevo
Quando quel vetro in mano tenevo.

TO GOD ON A VERY SAD PALM SUNDAY - Great Poet George Onsy







TO GOD ON A VERY SAD PALM SUNDAY
More than 45 martyrs,
More than 120 wounded
At a terrorist bombing
In two cities in Egypt
Palm Sunday, April 9, 2017 …

Oh God of LIFE,
God of LOVE,
To You Dear Beloved,
Our whole beings
Sooner or later come
For if we LIVE,
We do LIVE for You
If we DIE,
For You do we DIE
So,
If we LIVE or DIE,
We are YOURS!
Thank YOU!
George Onsy
© April 9, 2017
Palm Sunday
With my artwork: THE WAY TO GOLGOTHA (1984) in the Coptic Iconographic style.
He was riding death on His way, through a week of passion, to conquer the very existence of death forever. So, we too, through our deaths, whatever they will be, we do conquer death starting a Life Eternal that will never end.
(Death in this artwork is represented by the Anubis, the Ancient Egyptians' god of death in place of the donkey which Jesus rode when he entered Jerusalem starting the Holy Week of Passion towards His sacrificial death on the Mount of Golgotha the following Good Friday).

giovedì 6 aprile 2017

J’Accuse del 6/04/2017 sull’Attacco con armi chimiche alla cittadina di Idlib - Hamid Misk scrittore





 Le visage dela guerre - Dalì

Chi fermerà la crudeltà degli uomini?
La follia mi bisbiglia…
L’orrore affigge la Siria
Questa peste non conosce confini
E’ una guerra globale
Che uccide senza pietà
Essa non conosce sazietà
Del sangue rivale
E’ una guerra confessionale
Gli orchi sono essere umani
Che proclamano slogan vani
Della vittoria  del bene sul  male
Se gli Arabi fossero uniti e avessero quel minimo di intelligenza e di rispetto reciproco. Se le loro minoranze fossero state tutelate e non fossero state strumentalizzate all’interno e all’esterno da forze interessate a dominarle, se gli iraniani non avessero strumentalizzato le minoranze  sciite presenti nel mondo arabo, se i turchi di Erdogan non avessero cominciato a pensare ai tempi dell’Impero Ottomano,  ingerendosi anche loro negli affari interni del mondo arabo, se gli occidentali (francesi, inglesi e americani) fossero stati coerenti con i loro stessi principi di libertà, di rispetto dei diritti umani e di democrazia e non avessero sostenuto ad ogni costo, anche quello a cui assistiamo della distruzione totale della Siria, la nascita della democrazia in questo paese…,  noi oggi avremmo ancora in piedi le città d’arte siriane,  le scuole e le università aperte,  i giardini di Damasco e di Aleppo ancora profumanti di fior d’arancio e di Gelsomino….
Quello che inorridisce in tutta questa maledetta storia è la crudeltà e l’indifferenza degli uomini. Dopo aver assistito agli stragi più inaudite, perpetrate dall’una e dall’altra parte; dopo che questo stesso conflitto si è trasformato in un conflitto internazionale, in cui si confrontano forze e interessi opposti e nel momento stesso in cui il dittatore  Assad si è già affermato come vincitore di questa sporca guerra, ci giunge la notizia di un attacco chimico sulla cittadina di Idlib.  Le prime domande che sorgono:

Idlib ha un’importanza strategica? Perché allora il regime di Assad si sarebbe esposto e aizzato il mondo intero contro il suo regime, attaccando una città, insignificante nel conseguimento della vittoria finale? Tutte domande che portano in sé orribili risposte. La verità, è la rima vittima a cadere. la verità  che nessuno vuole capire è che l’occidente e una parte di quei regimi feudali del mondo arabo, non vogliono accettare questa sconfitta e tenta con tutti i mezzi di ribaltare le sorti della guerra, simulando un attacco chimico, perpetrato ancora un’altra volta ai danni della popolazione civile.  Si cerca attraverso l’orrore di creare il caos e la confusione, in maniera tale da trasformare i carnefici in angeli e i colpevoli in innocenti. Una bella metamorfosi che la chimica in questo caso, non è affatto in grado di realizzare. Troppo sangue è stato versato. Troppe vite sacrificate in nome dell’Islam e di quell’Allah che guarda inorridito la grande Umma (Comunità) del profeta Mahommad. “Non dovete essere voi la nazione che deve essere citata come esempio alle altre nazioni?”  E ora? Guardatevi allo specchio della storia. La Siria appare e con essa un profondo e infinito urlo di dolore: Vergogna!

 

Baci negati - Rosaria Catania








Baci negati

Nel miraggio discente
l'aria se ne va ti persi in una sera d'aprile
Su sospirati cancelli
non ti ho dimenticata...
Sulla morbida bianca copertina
ricamata di rosa
frangeva un raggio di sole e sulle rosee aureole
senza un gemito librasti le ali al cielo
Sul canneto un pallido luccichio
di un alone malinconico e su danze di fiocchi di ciliegie rosse
sul pianto mio mi ubriacai
Sulla cornice oscurala tua immagine
incisi il tuo nome Lucia
E sulla profonda cupa voce soffocai in me il grido
sussurrai il nome tuo
Il tuo ricordo luce aurora amore
un falò sempre acceso
sul giaciglio del mio cuore
Migrarono i desideri per non impazzire
con i baci negati
"A Lucia" 
@ Rosaria Catania(registrata) 30 3 20178 4 1972

I 90 ANNI DI FRANCO CHIECO a cura di Franco Presicci




Con una bella e affollata cerimonia il 23 marzo, nella sala conferenze dell’Ordine dei Giornalisti, in Strada Palazzo di Città, a Bari, è stata consegnata a Franco Chieco una targa di riconoscimento alla carriera, in occasione dei suoi 90 anni. L’evento è stato voluto e messo a punto dalla Fondazione “Paolo Grassi” di Martina Franca e dal Festival della Valle d’Itria, di cui Chieco, critico musicale notissimo e apprezzato non soltanto nella città di San Nicola, ma anche nel resto dello Stivale e oltre, ha scritto sempre, puntualmente e con passione, contribuendo alla sua crescita, al suo prestigio e alla sua diffusione nel mondo. Martina, generosa e di lunga memoria, lo ha ringraziato.
   Non ho il piacere di conoscere personalmente questo eminente protagonista della cultura e del giornalismo pugliese, ma ne ho spesso sentito parlare dall’indimenticabile pittore Filippo Alto (ha dipinto la  Puglia con un’alchimia cromatica festosa), che per un tragico incidente stradale in cui, nel ’92, rimase vittima nei pressi di Ancona, non potè allestire una serata in onore del critico concittadino nell’ampio cortile della propria casa di Figazzano, collocata nella splendida campagna tra Martina e Locorotondo, dopo Sisto, come aveva fatto per il milanese Raffaele De Grada, critico e storico dell’arte. Me ne parlò il poeta, scrittore, giornalista, sceneggiatore radiofonico, commediografo Vito Maurogiovanni, che una mattina, ospite di Filippo, esaudendo un mio desiderio, mi fece dono di una copia dattiloscritta di un suo saggio su Tommaso Fiore, vincitore nel ’52 del Premio Viareggio con “Un popolo di formiche”. E me ne parlarono Mario Azzella, giornalista e documentarista della Rai; e Antonio Rossano, autore di tanti brillanti servizi sul Festival per la stessa antenna e di “Miracolo a Martina” e “O cambiamo protettore o rubiamo San Nicola”, dove se la prendeva con il Vescovo di Myra, accusandolo di non fare niente per la città che lo aveva come patrono (“Bari è adespota, senza padrini…”), pur avendo ispirato la figura di Santa Claus.
  Franco Chieco, al quale ho telefonato il giorno prima della manifestazione, è nato a Bari nel ’26, e svolge l’attività di giornalista da settant’anni. Durante il suo lavoro ha tra l’altro allevato molti giovani aspiranti, che possono ritenersi fortunati, visto che al giorno d’oggi nessun veterano ha  voglia di imitare Chieco, firma nobile e già redattore capo centrale, severo e scrupoloso, de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, e critico musicale autorevole dal ‘59. Ha anche ricoperto incarichi prestigiosi: presidente dell’Associazione della Stampa di Puglia e Lucania; esponente consultato e ascoltato della Federazione nazionale della Stampa; dell’Ordine dei giornalisti; dell’Inpgi (il nostro ente di previdenza), della Casagit (preposta all’assistenza sanitaria)… Ha dato vita, nel ’95, al mensile di cultura, costume, spettacolo “Contrappunti”; è stato tra i fondatori e poi segretario dell’Associazione nazionale critici musicali; e presidente della giuria del Premio “Franco Abbiati” – sorto nel grembo dello stesso sodalizio - assegnato per sette volte alla rassegna martinese, premiando innanzitutto le scelte del direttore artistico Alberto Triola. Inoltre, alla bibliomediateca della Fondazione “Paolo Grassi” di Martina Franca ha donato oltre mille volumi di opera e musica classica di grande interesse.
   Intenso il suo impegno anche nel sindacato. Mi dicono che, discutendo con i colleghi della difesa dei diritti della categoria, a volte addirittura si emozionava, soprattutto quando evocava le notti trascorse nelle trattative per un contratto dal parto difficile o nel tentativo di curare il malessere di una testata. E oggi, che ha vinto la tappa dei 90 anni, e si mostra deciso a lasciare il campo in cui è stato infaticabile e appassionato, continua ad essere interessato a quanto avviene nell’agòne dell’informazione, rincuorando così gli estimatori, che lo vorrebbero sempre sulla plancia.
   Franco Chieco, persona dotata tra l’altro di una garbata, divertita ironia, è anche l’enciclopedia ambulante del giornalismo barese; e un punto di riferimento non soltanto per i vivai della professione, che è cambiata e diventata più difficile da praticare. E’ amato e stimato. Il 20 febbraio del 2007 fu acclamato da un numeroso pubblico nella sede della Pinacoteca Provinciale di Bari, dove la locale Fondazione lirico-sinfonica  Petruzzelli e teatri allestì un incontro con lui, intitolandolo “Percorso di una carriera al servizio della musica: Franco Chieco”. Il 15 dicembre dell’anno scorso, nella cattedrale di Bari, il circolo “Vito Mastrogiovanni” gli ha assegnato il Premio “Testimone di verità”. Sono soltanto alcuni dei tributi da lui ricevuti.
   Insomma, Franco Chieco, socialista e credente convinto, è una colonna, un pilastro. Molto considerato anche dai mostri sacri della musica. Commentando la cerimonia svoltasi a Bari il 23 marzo, Amerigo De Peppo ha riferito un episodio che la dice lunga. Trovandosi in ascensore nell’Hotel Vesuvio di Napoli con Riccardo Muti (tra l’altro direttore principale dell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano dal 1986 al 2005), cercò di avviare una conversazione, ma il maestro  appariva stanco e schivo. De Peppo riuscì nell’intento usando come chiave il nome di Franco Chieco; “e Muti mi chiese notizie del critico, mandandogli i saluti”. 

   Chieco ha anche pubblicato importanti volumi: “Contrappunti-diario musicale pugliese ” nel ‘71, editrice Adriatica; “Di quella pira”, nell’84, Laterza; “Il fu teatro Petruzzelli”, nel 2002, Adriatica.
   E’ stato Franco Punzi, entusiasta, dinamico presidente del Festival della Valle d’Itria, relatore alla cerimonia del 23 marzo a Bari, a farmi sapere, nel corso di una delle nostre telefonate, del riconoscimento a Franco Chieco, chiedendomi di scrivere un pezzo. Data l’altezza del personaggio, l’ho scritto subito e volentieri.
   Intanto critici, melomani, cantanti, orchestrali, studiosi, giornalisti attendono come ogni anno la presentazione del programma dell’edizione 2017 del Festival al Piccolo Teatro di via Rovello a Milano, prevista secondo Punzi per la prima metà di maggio. Farà gli onori di casa Sergio Escobar, direttore del teatro, ammiratore di Martina, della sua rassegna musicale e di quelli che fanno di tutto per non tradire le aspettative, facendo lievitare i successi, la fama e i simpatizzanti.
   Il Valle d’Itria, sbocciato nel 1975 e giunto felicemente alla 43.ma edizione, si aprirà il 14 luglio con l’”Orlando furioso” di Vivaldi e si concluderà il 4 agosto con “Margherita d’Anjou” di Meyerbeer. Un cartellone ancora una volta molto nutrito, con opere mai rappresentate nel nostro tempo, che il direttore artistico Alberto Triola e il direttore musicale Fabio Luisi hanno voluto dedicare alla memoria del maestro Rodolfo Celletti, che tutti gli anni viene ricordato a Milano da Franco Punzi, quando accenna alle novità, sempre interessanti, di questo Festiva, che è anche trampolino di lancio e scuola per giovani di talento; annuncia le presenze prenotate da ogni parte del mondo; e invita a venire in Valle d’Itria, che Giuseppe Giacovazzo definì terra benedetta.
   Arrivederci dunque nella città del belcanto, del sole, dei trulli dai simboli misteriosi, delle viti inginocchiate, care al poeta tarantino Raffaele Carrieri; dell’ulivo, del fico, albero per i Greci sacro a Dioniso; e delle case bianco latte; dei balconi spanciati che facevano camminare il regista, scenografo e costumista Pierluigi Pizzi con il naso all’insù.
   Franco Chieco vorrà sicuramente cambiare idea e continuare a contemplare il paesaggio irripetibile, incantevole, luminoso di Martina, senza trascurare il suo lavoro di critico prezioso e intransigente. Ce lo auguriamo tutti.

                                                                                            Franco Presicci