sabato 17 settembre 2016

CÂNTEC DE TOAMNĂ - Doina Bezea

 

Toamna-ntoarse obrazul de prin cetini, arsă, 
palmele-i de humă cară-n brațe mirii 
umbrele-i de aur strâng pământu-n coasă 
ceruind sub frunze moartea-n cartea firii. 
 
Munți-și pun năframa coaptelor fecioare 
ascunzând năvodul gerului prin spini 
flori de colț nuntesc peste-a toamnei zare 
adunând în scorburi colbul din ruini. 
 
Blând, izvorul șterge umbra vechi-i coase 
rătăcind prin suflet ca un cântec lin 
umbrele tăcerii șterg priviri duioase 
adâncind natura într-un somn divin. 
 
Cerul strânge-n bucium doina-n fir de ie 
odihnind suflarea îngerilor mii 
epoleții toamnei țes pe cruci de glie 
cântecul acesta, mir de păpădii! 
Autor Doina Bezea

SILENT EMOTION - Saraswati Poswal


SILENT EMOTION

Being broken..
When the knots are open..
Makes you feel lonely...
Take away all your emotion..

The one you trusted the best..
Escape out putting in stress...
You cannot collect yourself..
You become silent and trustless..
Emotion try to flow you...
Though the eyes...
You growled all ..
Salty water...
Without showing your hurt..
Engulfing all what made you caress..
Made you lonely...
You think to make a river flowing..
But the delima..
You are going...
Makes you silent...
Emotions out of your senses..
No matter what happen to you...
No matter who call or caress for you.
When someone your..
Ditch you in zigzag ways...
@Saraswati Poswal

 

Refugium Peccatorum - Francesca Barnabei



Refugium Peccatorum (in memoria delle vittime del sisma)
Si e' abbattuta
forte
la falce
su quella terra
che ora
solo polvere
culla
per sempre.
E scivola
lento
il dolore
tra lembi
di vesti abbandonate
a questo pianto.
Ma l' ape
ha galleggiato
nella botte
intrisa d' odio
senza rammentare
alcun' azzurro
delle tue promesse.
Tu sei Rifugio Eterno
ai sassi
Tu sei Divino Specchio
Sede Perpetua
di Codesta
Santa Divinita'.
Francesca Barnabei,t.d.r.

venerdì 16 settembre 2016

In a summer day - Ayoub Kimo




In a summer day
Dawn lifts up his clouds
High enough
To let the moon miserable
Beneath the sun, your love
The shadow chases my body
A divine spectrum
He can’t follow me
I am like a child,
Widely throwing his extremities
Your light runs in my veins
Strengthen my soul’s dance
My head is spinning into orbits of you
Overwhelmed by your love fragrance
Your radiation is warming my thought’s oceans
As your thoughts dangled from your ears
Temperate and full of vital colors
A tree could grow because of you
In a summer day

 

I MORTI CI PARLANO NEI SOGNI - Carla Sale Musio


Succede spesso che le persone che abbiamo amato e che non ci sono più, trovino nei sogni un’occasione per comunicare con noi, finalmente libere dalle censure della nostra mente razionale.

Il pensiero materialista non crede possa esistere qualcosa oltre ciò che si può toccare, e lascia alle religioni il compito di raccontarci un aldilà in cui sarebbe possibile la permanenza dell’anima.

Ma la ragione fatica a credere per fede e i dogmi religiosi non soddisfano i perché dell’intelligenza.

Così sul tema della morte e della sopravvivenza ognuno coltiva le proprie convinzioni, a dispetto sia della scienza sia della fede. 

E, a volte, anche di se stesso.

Su un argomento tanto doloroso le contraddizioni sono all’ordine del giorno e, facendo il mio mestiere, capita spesso di incontrare atei che hanno paura dei fantasmi, cattolici che credono nella reincarnazione o buddisti che parlano con gli angeli.

La psicologia si colloca in una posizione diversa dalle ricerche in laboratorio, il lavoro con la coscienza è inevitabilmente privo di fisicità, ma non per questo è inesistente. Anzi!

Chi soffre di attacchi di panico sa quanto possano essere reali i pericoli invisibili e le cure fatte soltanto di parole.

L’immaterialità è il pane quotidiano di chi lavora con la psiche.

Tante persone arrivano in terapia travolte dal dolore per la morte di qualcuno che hanno amato.

Chiedono aiuto spaventate al pensiero di rifugiarsi in fantasie irreali e consolatorie ma incapaci di accettare l’idea che i loro cari siano dovuti uscire di scena per sempre.

In questi casi l’immaterialità subisce il disprezzo di una cultura che ha azzerato il valore dei sentimenti annullando l’interiorità.

Il mondo interno è uno spazio soggettivo e individuale che non si può standardizzare ne ripetere in laboratorio, ma è reale e pieno di vita! Lo dimostrano il dolore o la gioia che proviamo nei momenti importanti della nostra esistenza.

La morte di una persona cara è un evento delicato e ricco di significato proprio perché ci conduce a esplorare dimensioni diverse dalla fisicità.

Denigrare l’immaterialità e la soggettività ci priva degli unici strumenti capaci di dare valore a una perdita altrimenti terribile e crudele.

Morire vuol dire entrare in una dimensione rarefatta che fa paura proprio perché nel corso della vita non le riconosciamo alcuna realtà.

Quando il corpo scompare, ciò che resta esiste in uno spazio della coscienza privo delle coordinate materiali. Ma reale.

Da lì i nostri cari cercano di stabilire un contatto con quella parte di noi che è in grado di percepirne l’esistenza anche senza la corporeità.

E’ un contatto intimo ed emotivo fatto di sensazioni profonde e spesso prive di immagini o di parole.

E’ lo spazio dell’amore.

Lo conosciamo e ce lo permettiamo quando il corpo fisico ci aiuta a credere in una rassicurante materialità, e lo neghiamo quando invece la morte ci costringe ad ammetterne l’esistenza in assenza di riferimenti concreti.

L’amore oltrepassa la dimensione materiale e coinvolge aspetti della coscienza che sono soggettivi, emotivi e spirituali.

E’ un’energia che si estende oltre i limiti della fisicità.

Lo sanno gli innamorati, lo sanno le mamme, lo sanno gli animali… lo sanno tutti quelli che amano e hanno amato.

L’amore è qualcosa che si sente dentro e che le parole faticano a spiegare perché non è fatto di parole. Si può soltanto viverlo.

Quando i nostri cari non hanno più il corpo, rimane soltanto l’affetto che abbiamo condiviso e bisogna imparare a muoversi in una dimensione priva di concretezza e di corporeità.

Uno spazio da cui cercano di raccontarci la loro verità.

Spesso però la sofferenza che proviamo impedisce la comunicazione, bloccando l’energia affettiva dietro un muro di dolore e paura.

L’amore è l’antitesi del dolore e della paura.

Nei sogni la nostra mente finalmente si acquieta e, mentre il corpo recupera energie per affrontare la vita quotidiana, la parte affettiva della coscienza si libera del giogo imposto dal pensiero razionale e si muove leggera nelle dimensioni immateriali del sentimento.

In quegli spazi liberi dalle catene della logica prendono forma i sogni e avvengono gli incontri con le persone che non hanno più il corpo e che così possono finalmente parlare al nostro cuore.

Nei sogni ritroviamo chi ci ha lasciato e spesso viviamo la buffa sensazione di dovergli ricordare la morte.

“Ma tu sei morto…” diciamo increduli e preoccupati, permettendoci una conversazione che farebbe andare in bestia la ragione (se non dormisse).

“Lo so, lo so… ma io sto benissimo!” ci rassicura chi, pur senza avere un corpo, sente di essere se stesso e si riconosce in ciò che prova.

Sono dialoghi che avvengono in un linguaggio fatto di immagini, condensazioni e spostamenti, perciò non sempre è facile interpretarne il significato, una volta tornati allo stato di veglia.

La ragione ha bisogno di tante rassicurazioni per credere che queste comunicazioni avvengano davvero, e spesso un meccanismo di rimozione cancella i ricordi dei sogni impedendone una corretta interpretazione.

Ma nel corso dei colloqui psicologici, abbandonata la vergogna e la paura di essere derisi, le comunicazioni appaiono frequenti e ricorrenti, confermando quanto i nostri cari sentano il bisogno di rassicurarci sulla loro esistenza incorporea e sulla loro costante presenza.

Tante persone raccontano episodi in cui gli incontri sono possibili e pieni di gioia, una volta superata la dicotomia tra vita e morte che affligge il pensiero materialista.

Chi non ha più un corpo ha un amore senza confini e aspetta, al di fuori del tempo, il momento della nostra attenzione.

Amare è un modo di essere che attraversa la materialità senza appartenerle e, come un arcobaleno, rischiara il grigiore del dolore e della paura.

Nei sogni la logica mette da parte le sue pretese e cede il posto al cuore, l’unico luogo in cui sia possibile ritrovarsi.

Per sempre.

Carla Sale Musio

RECHI UN SALUTO AI MIEI AMATI GIOVANI ABRUZZESI di Amedeo Esposito




RECHI UN SALUTO AI MIEI AMATI GIOVANI ABRUZZESI

di Amedeo Esposito


L'AQUILA - “Fido su tutti gli abruzzesi  perché i valori patri tornino nei cuori di tutti gli italiani. Non dubito della fede degli scannesi che alla fine del 1943 ed i primi del 1944, mi concessero, a me giovane ufficiale in fuga dai tedeschi, di condividere con loro il pane che non c’era, “condito” da tantissima umanità ed amore che sono certo siano stati trasmessi ai miei amati giovani abruzzesi che saluto”.

Queste le parole di commiato del Presidente Ciampi al momento di salutare i due redattori dell’Ansa (uno chi scrive), dopo aver rilasciato loro un’intervista sulla visita che il Capo dello Stato avrebbe fatto all’Aquila qualche settimana dopo, e cioè nel settembre del 1999. Oggi che l’Abruzzo e l’Italia piangono la scomparsa del “Presidente galantuomo”, riaffiorano tutte le Sue manifestazione di stima per la terra abruzzese.

Come quella che portò alla concessione della medaglia d’argento all’Itis (Istituto tecnico industriale) “Amedeo di Savoia”, dopo che, nella “Giornata della memoria” del 27 gennaio  del 2003, i 1400 studenti, schierati nel piazzale interno della scuola dedicato al loro compagno ebreo Fernando Della Torre - uno dei Nove Martiri Aquilani -, con la “mano sul cuore” intonarono l’inno nazionale unitamente con gli alpini del “Battaglione L’Aquila”. Quell’inno fu ed è certamente la via imboccata da tutti i ragazzi italiani verso i valori che lo scomparso Presidente Ciampi ha indicato a tutti per un’Italia unita ed europea.     


giovedì 15 settembre 2016

Slavica Pejovic - POKLON



Slavica Pejovic
POKLON

Ispruži ruku
Prihvati
Poklon je

Tebi
S ljubavlju
Dat
I podeli
Da radost je
Inima
Koricu bar
Ma i mrvicu
Siti biće
Prozboriće
Dlanovi pruženi
Osmehnuti
I oči...
 

PAURA DI (A)MARE - Marco Pirritano




PAURA DI (A)MARE

 

Mi sentivo inseguito
dall’immensità del mare.
Ansimante fuggivo
su dune di sabbia
poi disciolte dal vento,
e dietro me ancora lei,
l’imponente vastità del mare.
Correvo affannato rifugiando
in tenere capanne di foglie
spazzate via
dal primo temporale.
Mi arresi così al mare,
non voleva il mio male,
mi voleva abbracciare.
Calmai il respiro
e mi lasciai galleggiare.
Marco Pirritano
[ da Anima camaleonte ]

Ti ho dato un bacio mentre dormivi – Esordio alla macchina da scrivere per Pacifico



Esce in libreria per Baldini&Castoldi il romanzo di Pacifico intitolato Ti ho dato un bacio mentre dormivi. Per il cantante si tratta del banco di prova letterario che lo lancia nel mondo della narrazione lunga.
Agostino Sella, uomo schivo e mite, viene aggredito brutalmente e senza alcun motivo nel parcheggio davanti a casa sua. Tra le conseguenze del violento pestaggio subisce anche una perdita totale della memoria. Dopo una lunga convalescenza, decide di ritirarsi a vivere in un magazzino abbandonato, nel retro della Pregiata Tipografia Sella, un tempo appartenuta alla sua famiglia. E il sottoscala, pieno di oggetti e ricordi del passato, «un museo della cianfrusaglia», diventa il luogo dove vicini e conoscenti vanno a raccontargli sconfitte e piccole rivincite della vita, storie di solitudine, ansie e infelicità. Un campionario malinconico e divertente di perdenti di cui Agostino diventa involontario confessore. La nonna e il nonno Luigi – che ha cercato di trasmettergli la sua passione per il pugilato senza grande successo – per aiutarlo a ricostruire il suo passato, lo frammentano in tanti ricordi, parole scritte su foglietti di carta messi in una boccia di vetro. Ogni biglietto estratto servirà ad Agostino a ricostruire l’intero mosaico della sua vita: il grande amore per Angela, il suo migliore amico Darbe, conosciuto in una palestra di piazzale Insubria, il suo cane e chi ha amato di più: sua madre e suo padre.
Pacifico 2.jpg
“Finalmente un libro.  Iniziato anni fa, trasformatosi cento volte, ora finito. Le mosche era una raccolta di pensieri, un libretto che mi accompagnava, e forse mi accompagnerà ancora se farò concerti solitari. Questo è un romanzo.
C’è una famiglia, fortunata, poi allo sbando. Un errore imperdonabile. Un magazzino pieno di memorie. Mille piccoli stratagemmi per nascondersi al tempo, inesorabile ma ottuso, che sa solo andare e andare.
Ci sono occhi neri come ricci di mare. Vinili rimasti sul piatto, a far da vassoio alla polvere.
Ricordi confusi, inventati ma necessari.
C’è l’estate cittadina, e le sedie in plastica rossa dei cinema all’aperto.
C’è un ragazzino che beve il suo primo caffè.
C’è una casa con un giardino malcurato, che resiste in mezzo alle nuove costruzioni di cemento e vetro.
Ci sono io ovviamente, un po’ in tutti quelli che parlano, o ascoltano.”
Così il cantautore PACIFICO, al secolo Gino De Crescenzo, racconta l’uscita di “TI HO DATO UN BACIO MENTRE DORMIVI”, il suo primo romanzo (pubblicato da Baldini&Castoldi), in libreria dal 29 settembre.
PACIFICO presenterà il libro il 29 settembre a Milano (ore 18.00 Feltrinelli Piazza Piemonte), il 30 settembre a Roma (ore 18.00 Feltrinelli Via Appia) e il 3 ottobre a Brescia (ore 18.00, Librixia).

TERCER FRAGMENTO SOBRE LAS CIEGAS EGOLATRIAS - José Revello



TERCER FRAGMENTO
SOBRE LAS CIEGAS EGOLATRIAS
“¡que cercos cerrados provoca la egolatría cuando toma mando de la personalidad! Comienza a verse centro del mundo. Sus palabras es ley a obedecer. Su crítica que no otra debe escucharse. La agresividad, falta de ética y perspectiva provocado son perturbadoras. La falta de criterio, apertura y liberalidad conduce a la agresividad, cerco y cerrada cárcel de las virtudes. La mala forma de conducirse, adaptarse y compartir. Es poder de la debilidad enfermiza que no se comprende. Es el cruel paso negativo de la vida. Es la pena de no vivir su luminoso lado opuesto. De perder trágicos y vanos días de una vida única e irrepetible, porque tras la muerte otras son la disyuntivas de la vida. Y tras esa otra vida los residuos en esa otra dimensión deben ser asumidos, vividos y reparadas, más si en esta vida fueron lazos de tiempo perdido no consagrado al altruismo por la comprensión de ser, ceder, dar y compartir. Las pautas de los principios de la creación determinan que las causas de actitudes reprimidas y mal ávidas, mientras no sean alejadas y dominadas, sus cercos detienen y encarcelan la criatura humana, impidiendo moverse a ningún otro plano mayor que, por consecuencia de su polo opuesto, su otra efectiva causa –abierta y amorosa comprensión- es liberador y dado en revelación. No existe medio de “dar un paso” a ningún lado, ni los costados ni arriba ni abajo. Porque siendo impedimentos materiales, peor son sus cercos invisibles y profundos mentales. El cuerpo físico queda en la tierra. El vehículo desaparece y deja de ser conductor. Por ser virtual en alma y espíritu trasciende y debe continuar no hay manera de retroceder ni negarse a seguir. Son como otoñales hojas caídas desnudando las ramas del árbol. No tiene su color ni hojas ni frutos. Pero no dejo de ser árbol. No deja de ser raíces en la tierra. Esta es la opuesta y diametral comparación de los oscuros cercos ególatras que de esta vida conllevan y se llevan….”
José Revello
Fragmentos de: “Mis tardes con Don Genaro”
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