In Italia c’è un
movimento politico che ha riportato in auge Jean-Jacques Rousseau
(1712-1778). ‘Rousseau’ è il nome di una piattaforma virtuale attraverso la
quale i militanti di questo movimento si esprimono su questo o quel tema
politico o propongono l’approvazione di una determinata legge. Sono i
propugnatori di forme sempre più accentuate di democrazia diretta. Il filosofo
ginevrino proponeva infatti, tra l’altro, forme di democrazia diretta che
scavalcassero la rappresentanza politica mediata dalle assemblee parlamentari.
Forse pensava alla prassi politica vigente nelle antiche città-stato greche. Un
esempio per tutte: l’Atene di Socrate e di Pericle.
Ma – ci si chiede – è
realistica oggi una siffatta prassi politica? Sarebbe mai possibile governare
le nostre società complesse e composte da milioni di persone con forme di
democrazia diretta, ancorché lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa
abbia trasformato il mondo in un villaggio globale? E quand’anche fosse
tecnicamente possibile, sarebbe politicamente auspicabile? Giova rammentare che
la differenza tra «la libertà presso gli antichi», come si esprimeva Benjamin
Constant (1767-1830) pensando all’Atene di Pericle, e «la libertà presso
i moderni» è di tipo qualitativo, cioè sostanziale.
La moderna democrazia
liberale, che è da considerare una irrinunciabile conquista dello spirito umano
e non una forma transuente legata ad un determinato periodo storico, prevede
necessariamente la rappresentanza politica mediata da istituzioni, ancorché
elettive sulla base di una libera competizione tra una pluralità di soggetti
politici, giacché, con buona pace di Rousseau e dei suoi remoti discepoli, il
governo delle complesse società moderne richiede un personale specializzato e
competenze particolari. Rispetto e decisioni articolate su materie complesse,
come ci si può illudere di pronunciarsi con un semplice ‘sì’ o con un semplice
‘no’?
È pur vero che la nostra
Costituzione prevede una forma di democrazia diretta quale il referendum
abrogativo, ma gli conferisce una funzione integrativa e marginale, limitando
le materie che ne possono essere oggetto, e subordinando la validità del
pronunciamento popolare ad un giudizio preventivo della Corte Costituzionale e
a una soglia di partecipazione minima degli aventi diritto. Insomma: la moderna
democrazia liberale, vale a dire la migliore forma di governo che si conosca, o
è democrazia mediata, o, semplicemente, non è. Le derive plebiscitarie
precedono o sanciscono le svolte illiberali.
C’è poi da aggiungere
che la democrazia liberale, per poter funzionare bene, ha bisogno che, accanto
alle istituzioni giuridiche, agisca in via permanente una sorta di camera di
decompressione delle passioni, a formare una cittadinanza cosciente e
informata, affinché gli elettori non si lascino incantare dalle ricorrenti
sirene del populismo e della demagogia. Siffatta camera di decompressione delle
passioni non può essere, evidentemente, un organo costituzionale. Deve essere
il risultato di una continua opera di educazione i cui soggetti non possono che
essere la scuola, la famiglia, la chiesa, gli intellettuali, una stampa e una
televisione responsabili, che formino e non deformino. Al maturo esercizio
della democrazia non ci sono scorciatoie, non ci sono piattaforme virtuali che
tengano.
La democrazia liberale
implica partecipazione matura dei cittadini alla cosa pubblica, una
partecipazione delle menti prima ancora che dei cuori che non si può esaurire
nel pigiare un tastino. La sovranità, poi, come sancisce la nostra
Costituzione, ancorché appartenga al popolo, la si esercita nelle forme
stabilite dalla Costituzione stessa. Per il resto, mi sento di dire che Jean-Jacques Rousseau, che molti citano
e pochi hanno veramente letto, è un cattivo maestro, padre intellettuale di
tanti errori commessi nel Novecento. Molta della fortuna che ha trovato presso
i posteri è da ascrivere al fatto che i suoi scritti, in un momento storico
propizio, fecero vibrare corde assai sensibili, ma non profonde, dell’animo
umano. Sul suo pensiero, Deo adiuvante, conto di scrivere in un prossimo
futuro un articolato ed argomentato saggio, per quel poco che potrà contare.
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