NATALE, LA
STORIA
di Mario Setta
Cominciamo col dire che Gesù non è nato il 25 dicembre. La sua data di nascita,
anagraficamente, è sconosciuta. Il Natale cristiano di oggi sostituisce
l’antica festa romana del solstizio d’inverno. Gli antichi romani festeggiavano
la (ri)nascita del dio-sole, mentre per i cristiani il vero Sole che (ri)nasce
è Cristo, che illumina le coscienze degli uomini. I Vangeli di Matteo e Luca dicono che Gesù è nato a Betlemme. Secondo il calcolo, errato,
di Dionigi il Piccolo l’anno di
nascita fu stabilito nel 753 dalla fondazione di Roma (ab urbe condita).
La data di nascita di Gesù è stata assunta per separare il
tempo cronologico della storia occidentale: avanti Cristo (a.C.) e dopo Cristo
(d.C.). La descrizione della vita di Gesù, nei Vangeli, viene presentata come
realizzazione della visione profetica del Messia presentata nell’Antico
Testamento. La nascita a Betlemme è la realizzazione della profezia di Michea,
riportata dal Vangelo di Matteo: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei
davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che
pascerà il mio popolo, Israele” (Matteo 2,6 – Michea 5,2).
Oggi, sotto il profilo della storicità biografica di Gesù
sono sorti molti dubbi. Alcuni ritengono, ad esempio, che il luogo di nascita
sia Nazareth o addirittura Cana di Galilea, dove pare risiedesse la madre,
Maria. Si tratta comunque di ipotesi, perché allora non esistevano registri
anagrafici. La tradizione ha sempre presentato Betlemme come luogo di nascita. E per di più una stalla. Un rifugio
per poveri sventurati, come erano i genitori, Giuseppe e Maria.
Oggi, Betlemme è una cittadina nella zona araba di Israele. Una cittadina chiusa dalla
cinta muraria costruita dallo Stato di Israele. Per giungervi bisogna
attraversare il check-point, la
rigorosa frontiera tra Israele e l’eventuale Stato Palestinese che non esiste
ancora. A Betlemme c’è una clinica pediatrica per bambini palestinesi, la Baby Caritas, finanziata dalla Caritas
Internazionale. Una clinica gestita anche da suore italiane, boicottata e
spesso avversata dallo Stato d’Israele. È la testimonianza che Gesù rinasce
ancora povero e abbandonato nella sua terra martoriata.
Il Cristianesimo è una religione che ha umanizzato Dio e,
contemporaneamente, ha divinizzato l’uomo. Non più quindi “homo homini lupus” (Plauto), ma “homo homini Deus” = “Ogni uomo è Dio per l’altro”. Cristo ha
elevato tutta la natura. Ha sublimato persino la materia, come sosteneva Teilhard
De Chardin, gesuita e grande paleontologo: “Benedetta sii tu, Materia,
nelle altezze serene dove si crede a torto che ti evitino i Santi… In virtù
della Creazione e, più ancora, dell’Incarnazione, nulla è profano, quaggiù, per
chi sa vedere”. Cristo è nato ed è vissuto per darci l’esempio di come si debba
vivere. Il suo messaggio è contenuto nel famoso discorso della montagna: “Ma io
vi dico: amate i vostri nemici… fate il bene a chi vi ha fatto il male…”
(Vangelo di Matteo, capp. 5-7).
Gesù Cristo ci ha insegnato a chiamare e riconoscere Dio come
Padre. A non temerlo. Ad amarlo, perché Dio ci ama. E Dio, come un vero padre,
non condanna. Non punisce nessuno con una pena eterna. Perché nessuna creatura
può meritare una pena eterna. “Se c’è un dogma completamente squalificato - ha
scritto Sergio Quinzio - è il dogma
della dannazione eterna”.
Nella religione ebraica Dio è ineffabile, indicibile. Il
suo nome “YHWH” (Jawhé) era pronunciato solo una volta l’anno, nel Sancta Sanctorum del tempio, dal sommo
sacerdote. Perfino la pronuncia era sconosciuta e si tramandava, in gran
segreto, da sommo sacerdote a sommo sacerdote. Era il nome che Mosè aveva ricevuto sul Sinai, alla consegna delle tavole della
Legge: “Io sono Colui che sono”. Erich
Fromm, nel libro dal titolo “Voi sarete come Dei” scrive: «La
traduzione libera della risposta di Dio a Mosè sarebbe: “Il mio nome è Senzanome;
di’ loro che Senzanome ti ha mandato”».
Secondo Fromm
“c’è uno sviluppo e un’evoluzione del concetto di Dio che accompagnano lo
sviluppo e l’evoluzione di una nazione”. E il grande filosofo della morale, Immanuel Kant, scrive: «Per
quanto le mie parole possano sorprendervi, non dovete biasimarmi se affermo:
“Ogni uomo crea il proprio Dio” […] anche voi dovete creare il vostro Dio, per
venerare in Lui il vostro creatore.» Oggi, molti teologi e intellettuali
ritengono che Dio Padre non abbia mandato suo Figlio, Gesù Cristo, nel mondo
per riparare la colpa di Eva, commessa col peccato originale, errata
interpretazione della Sacra Scrittura, ma per elevare la persona, maschio e
femmina, al più alto grado dell’umanità. La croce e la crocifissione, fenomeni
terribilmente reali, si ergono a segni dell’elevazione umana verso la
realizzazione del regno di amore e di pace, annunciato da Gesù.
Purtroppo in tutte le guerre, Dio è stato coinvolto dalle
parti in causa. Il grido “Dio-Con-Noi” (Gott
Mit Uns) ha risuonato negli opposti fronti. In nome di Dio, gli uomini e le
religioni continuano a scannarsi. Perfino a Betlemme, nella Basilica della Natività, si sono verificati e
continuano a verificarsi scontri tra cristiani dalle diverse confessioni. Il
sociologo Zygmunt Bauman, ebreo, ha
scritto: “La storia è piena di massacri e omicidi di massa commessi nel nome di
Dio… la storia insegna che non c’è crudeltà, anche atroce ed efferata, che non
si possa commettere nel Suo nome”.
Ma il vero nome di Dio è “Amore”
(I Giov.4,8). È l’Amore che si fa carne in Cristo: nella sua Parola e nella sua
Vita. Quel “Figlio dell’Uomo”, come spesso si definiva Gesù, nato povero a
Betlemme e ucciso come un “malfattore” a Gerusalemme,
ci ha insegnato che cosa è la forza dell’Amore. Purtroppo, chissà ancora quanti
secoli e millenni dovranno passare perché tutti gli uomini accolgano e
realizzino il messaggio che proviene dalla grotta di Betlemme.
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