MOLFETTA - Dopo aver visitato Molfetta e i luoghi che indicano la presenza tangibile di don Tonino, il Duomo e la Cattedrale, il professor Francesco Lenoci, docente dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, continua l’ opera di divulgazione del messaggio del vescovo tanto amato.
L’ Associazione “Verbumlandiart”, in collaborazione con il docente universitario di origini pugliese, ma da tanti anni residente a Milano, organizza per il prossimo 11 dicembre a Lecce l’ iniziativa: “ In piedi costruttori di pace” che non vuole essere solo una commemorazione , ma anche un atto di coscienza e responsabilità.
La direzione di questo evento è a cura dell’ emerito professor Carlo Alberto Augieri dell’ Università del Salento e vuole essere una giornata a ricordo di questo importante messaggio di pace professato dal “ Vescovo con il grembiule”.
Il professor Lenoci inoltre sta cercando di organizzare per il dicembre 2017 proprio a Sarajevo un importante evento commemorativo nel nome di don Tonino.
E proprio per ricordarlo vi riportiamo le sue parole:
“Sarajevo, ventiquattro anni fa
Faceva freddo. La città era assediata. E in 500, disarmati e coraggiosi, entrarono tra i fuochi e le paure. Tra loro v’era anche don Tonino.
Era l’11 dicembre 1992.
Ventiquattro anni fa la marcia a Sarajevo, 500 persone, dal 7 al 13 dicembre 1992, nella città assediata. Don Tonino volle esserci, nonostante la malattia. Rileggere qualche brano del suo “Diario da Sarajevo” aiuta a rivivere non solo quei momenti e quella guerra, ma illumina, stimola e inquieta le coscienze anche oggi di fronte alle guerre.
Ingresso a Sarajevo
11 dicembre 1992
“Di buon mattino, sulla esilissima base di qualche assicurazione giunta ieri sera sul tardi, si decide di partire per Sarajevo. (…) Una delegazione di dieci persone, guidata da p. Cavagna e dall’on. Guidi si reca a Ilidza a parlamentare con le autorità militari serbe. Una trattativa lunghissima, estenuante. (…) Intanto la gente del posto viene sul pullman a offrirci un the caldo. Una signora serba ha visto gli autisti intirizziti dal freddo e, benché fossero tutti croati, li ha portati a casa e ha offerto un pranzo per loro. Sono entrato a salutarla: si è messa a piangere. Poi si è avvicinato un uomo e mi ha invitato a casa sua, dove si faceva un banchetto funebre. Sono entrato e mi ha detto: «Io sono serbo, mia moglie è croata; queste mie cognate sono musulmane, eppure viviamo insieme da tempo, senza problemi: ma chi la vuole questa guerra?». A vedere quella gente di estrazione etnica così diversa, seduta alla stessa mensa, ho pensato a quella definizione di pace che riporto spesso nelle mie conversazioni: convivialità delle differenze.
Si è fatto tardi. Le speranze si affievoliscono. (…) Ed ecco, all’improvviso, giunge l’autorizzazione dei serbi: entrate pure a Sarajevo (…). Da nove mesi, quando giungono le quattro pomeridiane, in città non entrano neppure le camionette dell’Unproform dell’ONU. Ma stasera c’è un’altra ONU: quella dei popoli, della base. A quest’ONU dei poveri, che scivola in silenzio nel cuore della guerra, sembra che il cielo voglia affidare un messaggio: che la pace va osata. (…)”
A tanti anni di distanza il pensiero di don Tonino risulta profetico, di estrema attualità tanto che il professor Lenoci cerca in maniera laica e con un approccio di grande rispetto di diffonderlo dal nord al sud dell’ Italia.
Paola Copertino
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