Il senso delle parole può essere ambiguo due volte.
La prima, per via del significato formale frainteso o confuso.
La seconda, per una refrattarietà e/o per deformazioni naturali degl'organi sensoriali dovute a tantissimi fattori che impediscono di “sentire” il significato.
Il grado di attenzione, quasi sempre, è uno zoom sull’area di interesse, cioè, una misura di ingrandimento dell’immagine "pensiero", che nulla aggiunge all’informazione originale, se non la ricchezza dei particolari riscontrati.
Per chiarire la mia idea, vi sottopongo una serie di parole che formano una frase a senso compiuto.
Queste dovrebbero trasmettere un messaggio:
“Saper riconoscere la nostra responsabilità affinché gli eventi si realizzino”.
Per qualcuno, questa frase sembra discendere dalla fantasia, per altri, dalla filosofia (definita malignamente, la scienza delle cose inutili).
Per tutti, invece, assume un significato diverso, proiettato nell’ambito contestuale dove solitamente la propria psicologia si focalizza.
Il livello di comprensione della frase è misurabile con un numero compreso da zero a indefinito, in relazione all’età, alla cultura, allo stato psicologico del momento, allo stato di salute, alle menomazioni e a qualunque altro elemento disturbatore del profilo emotivo.
Usiamo tantissimo le parole; ci arrivano da moltissime fonti e in forme diverse.
Siamo bombardati da dati e istruzioni.
Le scienze sono castelli montati con le parole.
La tecnologia le combina e, come in un gioco di magia, crea nuove formule per produrne altre.
Dante si è ritrovato nella selva oscura nel Medioevo, dove potremmo trovarci noi, ora?
Saper riconoscere ciò che è meglio per noi stessi in ogni momento di vita è un’abilità da coltivare, imprescindibile in una società che si muove ed evolve con le parole.
Essa conduce all'unica felicità consentita all'imperfetto essere umano: consapevolezza di valere e il motivo per esistere.
Nessun commento:
Posta un commento