mercoledì 23 ottobre 2019

5- DIALOGUER AVEC NAPOLÉON BONAPARTE ...George Onsy


D de Paris parle encore malgré ses brûlures
5- DIALOGUER AVEC NAPOLÉON BONAPARTE
C'est le 5èm poème de ma série, "QUAND J’ÉCRIS EN FRANÇAIS : ND de Paris parle encore malgré ses brûlures" :
ND de Paris parle encore malgré ses brûlures
5- DIALOGUER AVEC NAPOLÉON BONAPARTE ...

Napoléon … Napoléon, te voilà
Entre mes bras le jour de ton couronnement
Un dimanche d’hiver en 1804
Où je vois le conquérant devenir empereur
N’oublie pas la fin de Robespierre, qui était
Pour ton rêve du POUVOIR, l’admirable réalisateur,
Puisque la FIN de l’exil est pareille
À celle de la guillotine.
Sache que le petit Bonaparte
Qui a dit à son professeur :
"Un homme ne s’agenouille que devant Dieu",
Aurait pu être face à la MORT, le véritable vainqueur !

George Onsy-Egypte@copyright2019

Je vous invite à lire les précedents poèmes sur mon mur.
Si vous aimez bien cette série aidez-moi à la publier !
Mon design si-joint se compose de :

1- La peinture "Le Sacre de Napoléon" par David (1807) ; cette scène, reconstituée à partir de croquis, montre le moment où Napoléon prend des mains de Pie VII la couronne impériale pour en coiffer sa femme l’impératrice Joséphine.
Au bas du tableau à droite :
2- M.M.J. Robespierre : député de l'Artois à l'Assemblée nationale en 1789 », estampe dessinée par Jean-Urbain Guérin et gravée par Franz Gabriel Fiesinger (coll. Bibliothèque nationale, Cabinet des estampes). (l’image renversée).
3- Une affiche qui déclare l’execution de M.J. Maximilien Robespierre : surnommé le Catilina moderne, exécuté le 10 Thermidor an 2.e, de la République, estampe anonyme, Paris, BnF, 1794. (l’image renversée). Sur l’affiche se lit :
‘J’ai joué les français et la divinité ….
Je meurs sur l’échaufaud. je l’ai bien mérité.’
(les fautes du français ici existent sur l’affiche originelle).

Des faits Historiques clés :
Bonaparte obtient, à la demande des commissaires Augustin Robespierre et son compatriote Salicetti, le commandement de l'artillerie, avec le grade de chef de bataillon. Bonaparte s'oppose aussi à Louis Fréron, qui, par sa mauvaise gestion des affaires militaires, contribue au lancement de sa carrière. Il rencontre lors de ce siège de jeunes officiers comme Marmont ou Victor et le sergent Junot qui accompagneront la suite de sa carrière. L'artillerie est dirigée par Dommartin, mais Bonaparte est nommé commandant à sa place, le 19 octobre 1793. Le 23 novembre, il parvient, avec ses hommes, à capturer le général anglais Charles O'Hara.

Robespierre
Maximilien de Robespierre, ou Maximilien Robespierre1, est un avocat et homme politique françaisné le 6 mai 1758 à Arras et mort guillotiné le 28 juillet 1794 à Paris, place de la Révolution. Il est l'une des principales figures de la Révolution française et demeure aussi l'un des personnages les plus controversés de cette période.
Maximilien de Robespierre est l'aîné d'une fratrie de cinq enfants et il perd sa mère à l'âge de six ans. Son père abandonne le foyer et dès lors, Maximilien est pris en charge par son grand-père maternel. Après d'excellentes études au collège d'Arras et au collège Louis-le-Grand de Paris, licencié en droit, il devient avocat et s'inscrit en 1781 au Conseil provincial d'Artois, occupant même un temps la charge de juge au tribunal épiscopal.
Élu député du Tiers état aux États généraux de 1789, il devient bientôt l'une des principales figures des « démocrates » à l'Assemblée constituante, défendant l'abolition de la peine de mort et de l'esclavage, le droit de vote des gens de couleur, des juifs ou des comédiens, ainsi que le suffrage universel et l'égalité des droits contre le suffrage censitaire. Il décide aussi de réglementer sévèrement la Bourse. Son intransigeance lui vaut bientôt d'être surnommé « l'Incorruptible ». Membre du club des Jacobins dès ses origines, il en devient le plus illustre membre et l'une des figures de proue. Après la scission des Feuillants, il contribue à sa réorganisation et lui permet grandement de conserver le soutien de la plupart des sociétés affiliées de province.
George Onsy

lunedì 23 settembre 2019

Pesaro Arte & Cultura 27 Settembre 2019 Mostra Di Arte Contemporanea Critica Poetico-Artistica Di Yuleisy Cruz Lezcano





ARTISTI
Cristian Bellini



“Cristian Bellini, un artista tanto eclettico quanto sperimentatore, grazie alla molteplicità delle sue esperienze e ovviamente alla sua capacità di trasferire figurativamente uno stato d’animo, una sensazione, un concetto…
E questi concetti arrivano al fruitore delle sue opere, molto semplicemente, molto direttamente, anche perchè viene stimolata la curiosità di chi guarda, e questi rimangono colpiti dalle scelte cromatiche, dagli accostamenti di materiali, di tecniche pittoriche.



Molto particolare poi nei suoi dipinti figurativi la scelta di rappresentare così spesso il denaro, la carta moneta così come le monete in metallo che spesso vengono inglobate fisicamente nel dipinto, diventando un tutt’uno e trovando quindi una dimensione nuova, mai vista prima. Gli effetti cromatici sono poi molto interessanti e colpisce il vedere come accostamenti anche insoliti, in realtà sono al posto giusto, ottengono l’effetto giusto.
Non si può poi non menzionare i disegni di Cristian, realizzati quasi tutti con penna su carta, in una meticolosità del tratto, in un contrasto tra bianco e nero che affascina, rende quasi magico l’effetto ottico di intravedere in quei segni una figura, un oggetto. Si tratta di piccoli capolavori che amplificano la capacità di far scaturire il soggetto dell’opera, quasi in simbiosi con lo spettatore e i suoi stati d’animo.”
Cecilia Rosina



I suoi paesaggi, spesso, rispondono al quesito di perché fermare l’istante se non si riesce a fermare il tempo? Le sue tele fermano, insieme ai colori, le emozioni, con una carica di stupore senza voce. Il viaggio al quale invita lo sguardo è, spesso, un volo di onde sul Golfo di Sorrento. L’innesto di fantasia nella ricerca di tonalità vivide non è forzato, ma sincronizza con la realtà una nuova realtà.



Le raffigurazioni dell’artista sembrano reagire con lo sguardo per consegnare una risposta ai sensi. Le evocazioni emozionali, di frequente, manifestano una dicotomia fra la nostalgia e la gioia, così da ricollocare l’elemento paesaggistico in un’interpretazione più ampia.
Daniela Cantergiani



La sua pittura potrebbe essere accostata alla pittura astratta, ma a differenza delle pitture astratte comuni spesso mentalmente richiama, nell’immaginario, oggetti reali, anche se le forme e colori somigliano vagamente agli oggetti fisici da cui traggono origine.
La sua rappresentazione usa linee, geometrie e accostamenti di colori, che evocano emozioni profonde e incoscienti.



Daniela impiega la sua arte come strumento per accedere direttamente alla mente degli spettatori.
I suoi colori puliti, naturali e brillanti, sono di grande impatto visivo ed emozionale.
Eros Mariani



Con le sue sculture in ferro l’artista non si limita a dare forma al metallo colpendolo, ma lo modella, prende il materiale e lo costringe nel perimetro di una figura. Lo sottomette, lo addomestica e lo avvia alle regole dell’arte, ad un lirismo figurativo che proviene sia dall’intuizione che dal sapere. Eros è un artista plastico che trasforma il ferro in figure femminili e non solo, ma estrae dalle figure il mito, esprimendo, insieme, l’universo onirico e quello immaginario. Attraverso le sue opere si coglie le sue inquietudini primordiali, che l’artista rappresenta tramite l’esplorazione della natura umana e, in particolare, la relazione del corpo con la femminilità.



Le sue sculture raccontano la relazione della donna con le altre creature, il suo potere riproduttivo, di cambiamento, tramite la metamorfosi, così come rappresentano il mondo reale e ingenuo del volto femminile in contrasto con l’erotismo del corpo.
Felice Arcamone



L’artista possiede la rara qualità di dipingere in maniera leggera ed armonica, con un contrasto cromatico e dalle immagini lievi e soffici.



Le sensazioni che trasmettono i suoi quadri sono di un mondo armonico, arioso, positivo che è un tutt’uno con chi guarda il dipinto.
Oltre a ritrarre persone, la natura acquista cosi una propria finestra espressiva che trasporta lo spettatore ad ammirare la bellezza di luoghi, paesaggi, cose, con una precisione quasi fotografica.
I suoi quadri emozionano in modo leggero ma trasmettendo soavità e voglia di vita, chiari segni di quella meditteraneità dell’autore, che parla continuamente tramite le sue pennellate.
Gabrio Vicentini



Quando penso alla pittura astratta mi viene in mente la frase di Kandinski che racconta il significato che ha la sua pittura per lui: “espressione di sentimenti che si formano nel mio interiore …”



In effetti è questo che rappresenta la pittura di Gabrio Vicentini, un corredo di emozioni, che non richiede nessun bagaglio culturale filosofico esteso, nemmeno conoscenze profonde sulle arti estetiche, ma basta aprire la mente e aggiustare lo sguardo per porre davanti alla tela la propria sensibilità. Le lezioni accademiche qui non servono, il razionale può attendere per un attimo, affinché le emozioni prendano il sopravvento. Così si possono apprezzare le tele di Gabrio, perché in ogni tela i colori esprimono sentimenti, ogni pittura è una storia: la storia surreale, che racconta l’artista, che dipinge con le sabbie del Po.
Giorgio Maria Palma



La sua arte si orienta su un filone dell’espressionismo astratto, nato nel secondo novecento americano sotto la voce di action painting. Le sue pitture in effetti usano i colori con violenza deformante in cui non è riconoscibile alcuna figurazione ma una sorta di primitivismo trasferimento dei colori con violenta energia psichica.



L’artista riempie così tutta la tela con altrettanta paura del vuoto e ogni dipinto si presenta come un tutto pieno che dà la sensazione dell’entropia con un  rituale quasi sciamanico. La sua opera coinvolge lo sguardo dello spettatore con schizzi di colore primari brillanti, che rappresentano quasi un urlo cromatico capace di gettare i sensi di chi guarda verso una rappresentazione magica tutta da interpretare.
Giuseppe Zanda



La sua pittura percorre la tela con pennellate morbide. Egli si esprime con una sintesi cromatica tenue, con spazi confluenti fra i colori, nei quali un colore si avvicina, fluisce in modo delicato nell’altro. Sono frequenti le macchie, non spinte verso gli estremi, ma estese in modo scorrevole.
Nelle tele del pittore si può cogliere qualche nota d’ispirazione sia dal post-impressionismo che  dall’arte astratta.



Le sfumature di colori che Zanda adopera, sono molto accurate e quindi l’apparente disordine crea emozioni forti. È indiscutibile che questo pittore sa bene come parlare con le mani, sa raccontare il paesaggio in un modo tutto suo, creando una carezza quando le sue tele avvicinano il contatto visivo dello spettatore.
Lilian Rita Callegari



I suoi dipinti possono essere accostati, con qualche nota di differenziazione stilistica e di ricerca di nuove forme, al movimento di astrazione lirica nato a Parigi dopo la seconda guerra mondiale. In effetti le pennellate gestuali sono caratterizzate da un fondo espansivo che può racchiudere in sè qualche nota di surrealismo, ma soprattutto esprimono emozioni alla ricerca di un “io interiore”.



L’artista bilancia in modo elegante i colori carichi di contenuto onirico e di armonia che contrastano con immagini dissonanti piene di angoscia riprodotte da altri gruppi di espressionisti. La scelta stilistica adoperata mira a rappresentare la realtà oggettiva così da convogliare gli spettatori alla ricerca delle emozioni. In tal modo la sua pittura, libera da preconcetti, consente a ciascuno di lasciarsi andare e meglio interpretare le proprie sensazioni.
Maria Luigia Ingallatti



Considerare Maria Luigia Ingallati una pittrice risulta altamente riduttivo. In lei si parte da lontano, dai suoi studi sulla grafologia, sulla storia medioevale o sull’elemento esoterico che ha un ruolo fondamentale nella città di Bologna, sua terra di adozione. La sua curiosità e la sua mente analitica ma sempre dinamica la fa spaziare appunto tra tante forme di espressione, letteraria e visiva. Qui ci soffermeremo su quest’ultima, dove si passa da una sorta di rappresentazioni naif della realtà (eventi, persone incontrate, flash di momenti significativi…) ai paesaggi ed alberi di Bologna, usando gli acquerelli e poi la tempera.



La maturazione avviene poi con la serie di ballerine di Degas, quasi un omaggio al maestro. Qui si ha la sensazione che il mondo sia movimento, grazia legata alla danza e ai suoi sacrifici di cui si vede lo stare sulle punte, ma sempre col sorriso. Il mondo attorno alle ballerine non esiste, lo spazio è riempito di turbini concentrici, tutto è dinamico, ma sempre in modo regolare, disciplinato. I colori sono vivaci, catturano l’occhio dello spettatore, ma anche la sua mente, emozionandolo in maniera semplice e diretta.
Temenuga Babanova



Alcuni dipinti dell’artista indiscutibilmente appartengono all’arte figurativa, con la particolarità di avvicinarsi all’idealismo artistico: distorce la realtà con colori vivaci e impreziosisce la tela nel tentativo di esagerare la parte bella dei colori, così sopprime la volgarità della realtà che la circonda. Gli oggetti rappresentati, in genere paesaggi, vengono stilizzati con un proprio stile e nuovamente reinterpretati, in modo di lanciare lo spettatore in una realtà onirica.



Altri dipinti richiamano l’arte astratta con piccole isole di realtà interpretabili da indizi scelti volutamente per dare una localizzazione alla propria rappresentazione artistica, così in un paesaggio si può capire se ci troviamo in un prato o in un mare. Il resto rimane tutto da interpretare con libero spazio alle emozioni.



Yuleisy Cruz Lezcano. Nata a Cuba il 13 marzo 1973, vive a Marzabotto (Bo). In Italia dall’età di 18 anni, ha studiato all’Università di Bologna laureandosi in “Scienze infermieristiche e ostetricia” ed in “Scienze biologiche”. Svolge attività lavorativa nella sanità pubblica.
Nel tempo libero ama dedicarsi alla scrittura di poesie e racconti, alla pittura, alla scultura e alla fotografia.
Numerosi sono i concorsi letterari a cui ha partecipato, ottenendo premi, riconoscimenti e apprezzamenti della critica. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni.
La sua poetica trae ispirazione sia dalla letteratura Europea (Rimbaud, Baudelaire, H. Hesse, F. Pessoa, G. D’Annunzio, E. Montale, G. Gozzano, P. Salinas …) sia da quella dei poeti americani e latino-americani (Edgar Lee, Walt Whitman, Rubèn Darìo, Julio Cortàzar, Alejandra Pizarnik …).

venerdì 20 settembre 2019

NUOVE ORIZZONTI DI COOPERAZIONE CULTURALE DALLA MISSIONE A BELGRADO Un successo per la delegazione dell’Associazione Verbumlandiart gli incontri tenuti in Serbia di Goffredo Palmerini


L’AQUILA – Scriviamo questo reportage qualche tempo dopo il nostro rientro della missione in Serbia. Capita, talvolta, d’essere completamente presi dalle vicende che si rincorrono, da non lasciare il tempo della riflessione per riordinare appunti, fatti ed emozioni e trarne un racconto compiuto. Lo facciamo con qualche ritardo, senza tuttavia danno sulla memoria dei fatti, delle persone e dei luoghi.

Sono stati un successo, per la delegazione dell’Associazione Verbumlandiart di Galatone (Lecce), gli incontri tenuti dal 23 al 26 agosto scorso a Belgrado con alcune importanti realtà culturali della Serbia, con le quali da alcuni anni Verbumlandiart intrattiene stretti rapporti di relazione e cooperazione, culminati per le associazioni letterarie serbe in diverse visite in Italia e per l’associazione salentina in precedenti missioni nel Paese balcanico, a Belgrado, Pozarevac, Kostolac e Novi Sad. La delegazione, composta da Regina Resta, presidente di Verbumlandiart, dal vicepresidente Goffredo Palmerini e dalla componente del Consiglio direttivo Mirjana Dobrilla, è stata impegnata in eventi letterari ed incontri istituzionali, nel quadro d’una collaborazione con prestigiose istituzioni culturali della Serbia, già collaudata con la partecipazione serba a diversi eventi in Italia, ultimamente a Roma,  presso la sede della Società Dante Alighieri, in occasione del IV Premio internazionale “La Voce dei Poeti”.

Arrivata il 23 agosto a metà giornata, con il volo Alitalia da Roma, la delegazione è stata accolta in aeroporto da Sabah Al-Zubeidi, direttore del Centro culturale “Mesopotamija” di Belgrado. Giusto il tempo di raggiungere la città e arrivare a casa della poetessa Nadica Ilic per una gustosa conviviale, alla quale hanno partecipato alcuni ospiti tra i quali il poeta Ali Al-Baldawi, proveniente dalla Bosnia Erzgovina, quindi la sistemazione in albergo e già il primo impegno pubblico per la delegazione. Nel cuore istituzionale di Belgrado, nella magnifica sede dell’Unione degli Scrittori, alle 19, si è tenuta la presentazione di due volumi di liriche, entrambi pubblicati dall’editore Zlatomir Jovanovic, in italiano, serbo e lingua romanì.

Dapprima è stata presentata la silloge "Essere solo me stessa" di Regina Resta, con intervento dell’editore e di Goffredo Palmerini, che del volume ha redatto la prefazione insieme al contributo critico introduttivo scritto da Tiziana Grassi. Significativa la presenza del mondo letterario serbo all’evento, che si è svolto nella bella sala auditorium al pianterreno dello storico palazzo. E’ seguita quindi la presentazione della silloge "Cercami nel cuore" di Mirjana Dobrilla, con prefazione di Borisav Blagojevic, poeta insigne ed esponente del mondo letterario serbo, che presente all’evento ha tessuto le lodi all’autrice per la delicata raffinatezza poetica. L’evento si è aperto con una puntuale introduzione della poetessa Lidija Malovic, che ha poi coordinato gli interventi, trapuntati da letture di liriche, nelle tre lingue.

L’indomani 24 agosto, con inizio alle ore 11, presso la grande Aula conferenze di Stari Grad (Città Vecchia), municipio nel cuore storico di Belgrado, la delegazione ha partecipato, ospite d’onore, al Festival internazionale di Poesia organizzato dal Centro Culturale “Mesopotamija” con il patrocinio dell'Ambasciata dell'Iraq in Serbia, sotto la direzione artistica di Sabah Al-Zubeidi. Prima dell’inizio della lunga kermesse poetico-letteraria, la delegazione italiana, in una sala riservata, è stata salutata dal Ministro primo Consigliere dell’Ambasciata irachena, Farook Sadik Haider, accompagnato dall’addetto culturale Hussam Saeed Al-Lamy. La Presidente del Consiglio municipale di Stari Grad, Mila Popovic, ha porto il saluto della città capitale della Serbia. Presenti all’incontro anche Mirjana Nikic, giornalista del quotidiano Politika, Violeta Dimitric e Borisav Blagojevic. Nel corso dell’incontro è stato sottoscritto da Regina Resta e da Sabah Al-Zubeidi un Protocollo di Cooperazione tra l’Associazione Verbumnlandiart e il Centro Culturale Mesopotamija, tenendo conto degli interessi comuni nel campo della Cultura, della Poesia e dell’Arte e dello sviluppo delle relazioni culturali tra i due Paesi.

Ha quindi preso avvio il Festival di Poesia, che ha visto partecipazione all’evento con proprie opere numerosi scrittori e poeti da molti Paesi: Serbia 85, Montenegro 6, Croazia 10, Bosnia Erzgovina 10, Macedonia 10, Slovenia 1, Russia 1, Romania 8, Austria 2, Italia 5, Germania 11, Danimarca 3, Francia 1, Svezia 3, Canada 1, Usa 2, Gran Bretagna 2, Australia 2, Iraq 11, Siria 5, Tunisia 6, Algeria 6, Marocco 4, Giordania 1, Oman 5, Libano 1, Egitto 1, Sudan 1. Le opere vincitrici sono state riportate in una curata antologia. Molti gli autori presenti, dagli Stati balcanici in particolare, ma anche da altri Paesi. A loro hanno dato il saluto, in rappresentanza dell’Ambasciatore dell’Iraq, il Ministro primo Consigliere Farook Sadik Haider e la Presidente del Consiglio municipale Mila Popovic.

E’ seguita una lunga sequela di declamazioni di liriche, consegna di riconoscimenti ai Poeti vincitori e ai menzionati d’onore, cui ha provveduto la Giuria presente al tavolo della presidenza, composta da Sabah Al-Zubeidi, Zlatomir Jovanovic, Violeta Dimitric, Borisav Blagojevic, Violeta Bozovic. Ha infine concluso la manifestazione l’atto di sottoscrizione, tra Verbumlandiart e l’Associazione degli Scrittori di lingua romanì, di un Patto di Amicizia e collaborazione, firmato dai rispettivi presidenti Regina Resta e Zlatomir Jovanovic. Consistente e dinamica la presenza al Festival letterario di poeti di lingua araba, anche provenienti dai Paesi del Medio Oriente, in particolare con il giornalista e traduttore iracheno Hussein Nhaba, il quale ha manifestato di voler realizzare anche in Iraq un evento letterario, proprio in collaborazione con l’Associazione Verbumlandiart.

Domenica 25 agosto. Era una giornata un po’ velata dalla pioggia mattutina, ma poi si è aperta al bello una calda giornata di sole. La delegazione italiana e diversi ospiti stranieri, guidati da Sabah al Zubeidi e Borisav Blagoievic, hanno visitato alcuni monumenti, ma particolarmente la Fortezza di Belgrado, dalla quale si gode una magnifica vista sulla città e sul fiume Sava laddove confluisce nel Danubio. Imponente e vasta, la Fortezza domina sul corso del fiume e consente di ammirare lo skyline della città che si staglia sul blu tenue del cielo. Il Kalemegdan, così si chiama il complesso della Fortezza, è oggi il più grande parco della città di Belgrado, situato nella municipalità di Stari Grad, proprio nel centro della capitale serba. Dal colle della Fortezza la vista sui due fiumi è eccezionale, come il profilo delle architetture urbane della capitale.

Un po’ di storia della Fortezza. Alla fine del I secolo a.C. i Romani edificarono un castrum alla confluenza del Danubio con la Sava, come accampamento permanente della IV Legione “Flavia”. Il castrum, denominato Singidunum, fu distrutto dagli Unni e ricostruito nel VI secolo per essere nuovamente danneggiato un secolo più tardi dagli Avari e dagli Slavi. Non si conosce con esattezza quando gli Slavi ricostruirono la città: probabilmente tra l’VIII e il IX secolo. Si sa, comunque, che per la prima volta il nome di Belgrado fu menzionato in una lettera di Papa Giovanni VIII del 16 aprile 878, e si ipotizza che derivi dal particolare colore bianco della roccia calcarea di cui è composta la fortezza (beli: bianco, grad: città), diversa dalle rocce più scure dei rilievi circostanti. La fortificazione fu per secoli l'unica area della zona di Belgrado ad essere abitata. L'imperatore Manuele I Comneno, nel XII secolo fece ricostruire le mura romane, e il despota Stefan Lazarevic, che dichiarò Belgrado capitale dello stato serbo, nel XIV secolo fece riparare e rafforzare le strutture difensive della città alta e di quella sottostante, ampliò l’edificio della corte e fece costruire un porto fluviale sulla Sava.

Durante il periodo della dominazione ottomana, iniziata nel 1521, fino a tutto il XVII secolo non furono fatte grandi opere, mentre nel XVIII secolo, la fortezza fu ricostruita e distrutta per tre volte. Durante l'occupazione austriaca (1717-1739) assunse un’importantissima funzione difensiva e fu tra le più possenti fortificazioni europee. Dopo la vittoria dei serbi nella seconda rivolta contro i turchi e la liberazione di Belgrado, l’importanza della fortezza diminuì. Nel 1869 iniziarono i lavori per la trasformazione dell’area circostante la fortezza in parco: nel 1891 furono create strade percorribili nell’area pianeggiante ai piedi della rocca e furono piantati numerosi alberi.

Capitale della Serbia, Belgrado ha oggi circa un milione e 700.000 abitanti con la sua area metropolitana. Ѐ una delle città più antiche d’Europa e un importante nodo di trasporti dove s’intersecano le reti di comunicazione tra l’Europa orientale e occidentale. Vi si incrociano, infatti, le strade europee E70 ed E75, l’intreccio di corridoi paneuropei 7 e 10, il collegamento con le principali direttrici ferroviarie, l’aeroporto internazionale “Nikola Tesla” e due fiumi internazionali navigabili. La città è infatti situata sui due grandi fiumi, la Sava e il Danubio, dalle cui acque è circondata su tre lati. Proprio per questa sua posizione è stata giustamente chiamata “il cancello dei Balcani” e “la porta d’Europa”. Belgrado è amministrativamente divisa in 17 municipi, di cui 10 centrali e 7 suburbani. La città, che nelle periferie ha un’edilizia spesso degradata da impronte architettoniche che richiamano il regime comunista, nel centro sta rinnovandosi sia nella cura degli arredi urbani che nel restauro degli antichi palazzi, mentre nelle aree esterne svettano ardite moderne architetture.

Qualche palazzo porta ancora le ferite dei missili “chirurgici” delle forze Nato, durante la guerra civile nell’ex Jugoslavia che tra il 1991 e il 1995 fece decine di migliaia di morti in una terribile lotta fratricida, e poi in quella con il Kosovo fino al 1999. Il palazzo è rimasto così, con le sue ferite, come un monumento dilaniato dagli orrori d’una guerra che la Serbia attuale vuole gettarsi alle spalle, ripudiando i germi del nazionalismo e della violenza etnica che la Corte penale internazionale dell’Aja ha duramente sanzionato nei responsabili di quella immane tragedia, condannati per crimini contro l’umanità. Oggi la Serbia e la sua capitale Belgrado investono sulla conoscenza, sulla cultura, sull’innovazione tecnologica e sullo sviluppo industriale e delle infrastrutture. Proprio qualche settimana fa è stato infatti inaugurato un tratto della E763, la prima autostrada che sarà realizzata interamente con investimenti stranieri, in questo caso della Cina la cui visione di futuro è impostata nei prossimi decenni proprio nel campo delle reti infrastrutturali, basti pensare alla Via della Seta che riguarda anche l’Italia.

Si diceva dell’investimento nella cultura in Serbia. Così evidente proprio nella capitale. A conferma dell’importanza di Belgrado nel mondo culturale sono i numerosi eventi internazionali con manifestazioni teatrali, cinematografiche, musicali, e i festival. Molti i congressi e le fiere, mondiali e nazionali. Il Sava Centar rappresenta uno dei complessi congressuali e culturali più attraenti in questa parte d’Europa. La Fiera di Belgrado Beogradski Sajam accoglie ogni anno oltre 40 fiere internazionali. Numerosi gli stadi e gli impianti sportivi nella capitale dove si tengono eventi sportivi mondiali ed europei. 

Questo si osserva girando per Belgrado, per il tempo che ci è concesso, anche riguardo al grande Parco pubblico adiacente alla Sava e ai grandi giardini nel centro della città, assai curati. L’ho fatto, nei ritagli di tempo, un giro a piedi nel cuore della città, a Stari Grad, che per buona parte è pedonalizzata. Ero ben sistemato in un grazioso B&B, la camera sopra un buon ristorante, in via Marsala Birjuzova. A un centinaio di metri c’è la grande arteria centrale della città sulla quale affacciano negozi di classe, l’imponente e lussuoso albergo Moskva. Ma non era questo che mi interessava vedere, ma la Chiesa di San Sava che sulla sinistra, un chilometro più avanti, s’erge nella sua maestosità. E’ la più grande chiesa ortodossa del mondo. L’avevo già visitata due anni fa, ma merita d’essere rivista se non altro perché è un cantiere aperto, i cui lavori iniziarono nel 1935. Un po’ come la Sagrada Familia a Barcellona, chiesa cattolica cominciata circa un secolo e mezzo fa, il tempio di San Sava è il formato ortodosso di un’altra grande “fabbrica”. Che è un orgoglio per la città e una singolarità di Belgrado. Con la sua mole domina la città, posta al centro dello stesso asse che partendo dalla Fortezza raggiunge il grattacielo Beogradanka.

Il tempio è a pianta centrale, sulla quale si erge una cupola sorretta da pennacchi. Ai quattro lati corti della struttura, a croce greca, si aprono altrettante absidi sormontate da semi-cupole. Gli spazi sottostanti le semi-cupole sono divisi dalla navata centrale attraverso arcate che sorreggono le gallerie. E’ una chiesa possente ed imponente, con la superficie interna che supera gli ottomila metri quadrati, mentre l’altezza, alla sommità della croce posta sopra la grande cupola, è di 79 metri. Può contenere fino a 10 mila fedeli. La cripta è un tripudio di ori, nelle decorazioni neobizantine che l’impreziosiscono. Decorata a mosaico, la cripta contiene il tesoro di San Sava e la tomba del despota Stefan Lazar Hrebeljanovic. L’esterno è rivestito interamente in marmo travertino bianco. L’interno è attualmente incompleto. La decorazione è in travertino scolpito con motivi floreali e nel registro inferiore in marmi policromi a motivi geometrici. Le gallerie sono sorrette da colonnati in porfido verde, sovrastati da travertino con un fregi finemente lavorati. Sul lato orientale delle navate laterali ci sono due cappelle, una sola è attualmente completata. Vi è presente un presbiterio sormontato da una volta affrescata, decorato con alcune belle icone pittoriche.

La cupola centrale, che all'interno misura 30 metri di diametro, sarà decorata con la figura del Cristo Pantocrator. La chiesa impressiona per la sua grandezza e magnificenza. Quando sarà completata s’offrirà in tutta la sua bellezza. All’esterno, tutto intorno, c’è un grande parco e, davanti l’ingresso principale della chiesa, due grandi fontane a vasca con getti d’acqua. Le parole, tuttavia, non riescono a descrivere le emozioni che si provano entrando nel tempio di San Sava. Ed è stato un modo per verificare i progressi del cantiere, che molti anni ancora ha davanti per veder completata l’opera. Come pure nella città, almeno in centro, si nota una riqualificazione urbana di pregio, nella scelta delle pavimentazioni lapidee e dei decori, che risaltano le architetture più ricercate dei palazzi, dei monumenti, delle quinte urbane. Ho lasciato la città il 27 agosto mattina, per rientrare in tempo all’Aquila per la Perdonanza Celestiniana, il più antico giubileo della storia istituito da Papa Celestino V ben 725 anni fa. Mentre il taxi mi portava all’aeroporto, che si trova ad una ventina di chilometri dal centro della città, osservavo ai lati dell’ampia arteria stradale la teoria di campi di mais ancora verdi e gli alberi frondosi con il graduale cambio dei colori per l’autunno incipiente.